Troppo spesso si
è rimasti in silenzio, per convenzionale pudore, o per malinteso
rispetto, o per paura di idolatrica blasfemia, o per non portare acqua a
detestabili mulini altrui, o per stupido timore di creare danni
maggiori davanti a cose che, invece, avrebbero dovuto essere dette
chiaramente.
Un esempio su tutti potrebbe essere
rappresentato dal generale silenzio sul comportamento del presidente
emerito Giorgio Napolitano, fondamentale in svariate operazioni che mi
hanno lasciato l’amaro in bocca: dal salvataggio di Berlusconi con la
concessione di un incredibile ritardo di un mese – ottimo per gli
acquisti – per il voto di fiducia, al ripetuto ricorso a presidenti del
Consiglio non eletti da nessuno, a per me indigeribili silenzi alternati
ad ancor più indigesti fervorini.
Altro esempio, sul quale è bene ora
dire qualcosa è quello dell’Europa che, un po’ come il PD, sta
disfacendosi e perdendo le sue caratteristiche, facendo finta, però, di
restare sempre se stessa. E quello che credo sia da dire è che di
quell’Europa che si sta prefigurando non soltanto potremmo fare
benissimo a meno, ma che, anzi, sarebbe il caso di distruggerla
scientemente, ripartendo poi da zero e rimettendo insieme quelli – cho
non sono pochi – che ancora credono ai suoi utopici valori fondanti che
sono soprattutto la pace, il rispetto, la tutela e l’allargamento dei
diritti umani di tutti e una progressiva riduzione dei poteri dei vari
Stati nella prospettiva di un nuovo Stato sovranazionale, che mantenga
le proprie divisioni – se proprio si deve – magari soltanto per gli
impegni sportivi delle vecchie “nazionali”.
Come si fa a parlare ancora di
Europa riferendosi a un’Unione che sembra disposta, pur di non vedere
l’uscita di un Regno Unito decisamente conservatore ed egoista e già da
sempre euroscettico, a giocare al ribasso su se stessa, riducendo le
caratteristiche comuni e ridando forza agli egoismi dei vari membri?
Come si fa a parlare ancora di
Europa riferendosi a un’entità che è rigorosissima sui parametri
economici, tanto da arrivare vicinissima all’espulsione di uno dei suoi
membri idealmente più importanti, la Grecia, mentre non ha speso mezza
parola sul vecchio caso della Polonia che voleva reintrodurre la pena di
morte, o su quelli attuali dell’Ungheria, della Slovacchia, della
Repubblica Ceca e sempre della Polonia, che non soltanto alzano muri di
cui anche altri accarezzano l’idea, ma applicano regole razzistiche nei
confronti di gruppi di persone e non di singoli individui,
colpevolizzando aprioristicamente l’appartenenza a una nazionalità, a
una lingua, a un’etnia, a una religione?
Come si fa a parlare ancora di
Europa, se la politica di questo continente ormai sa parlare soltanto di
economia e finanza e se all’economia e alla finanza vanno subordinate
anche la solidarietà, la dignità, la giustizia, il lavoro, la vita
stessa delle persone? Se una vita ha un valore economico da sottoporre
al conteggio di costi e benefici, allora anche la guerra potrebbe
tornare ad avere una sua validità economica e, quindi, in questa società
vergognosa può diventare di nuovo accettabile.
Mi interessa poco che Renzi batta i
pugni sul tavolo per ottenere maggiore flessibilità sui bilanci: mi
interesserebbe molto di più se non stesse cautamente zitto davanti ai
soprusi di molti Stati membri nei confronti di coloro che scappano dalle
guerre e dalle sopraffazioni.
Vorrei ripetere un concetto che ho
già avuto modo di esprimere: salvare vite umane costa, ma se qualcuno
riesce a fissare una cifra oltre la quale salvare una vita diventa
inaccettabile, con quella persona non voglio avere alcun rapporto.
Far sapere a tutto il mondo com’è
davvero questa Europa di cui purtroppo non vedo più con orrore una
possibile fine, potrebbe forse davvero bloccare l’esodo di chi spera di
trovare qui da noi un mondo migliore. Una volta era davvero migliore e
spero possa diventarlo presto di nuovo, ma per il momento non è davvero
così.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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