venerdì 9 marzo 2018

Miopia temporale

Se qualcuno desiderasse capire perché, se il PD non cambierà linea politica e protagonisti, non riuscirà a risalire la corrente e perché anche per l’Italia intera le prospettive non appaiono assolutamente rosee, basterebbe che valutasse con attenzione le ultime dichiarazioni di Sergio Bolzonello che punta a succedere a Debora Serracchiani sulla poltrona di governatore della Regione.

Ebbene, duramente colpito e frastornato dalla batosta subita domenica dal suo PD, Bolzonello ha giustamente sentito tremargli la terra sotto i piedi e, nella fretta di offrire segni di reazione, non ha trovato di meglio che annunciare che si dovrà fare «una rivisitazione importante delle UTI con il coinvolgimento di tutti i 216 sindaci attraverso un confronto vero e di sostanza». E, in più, assicura «una riconsiderazione del sistema sanitario» regionale con seri correttivi alla riforma entrata in vigore da non molto.

Ora, se per prima cosa non ci si può non domandare dove si trovasse Bolzonello, vicepresidente della giunta Serracchiani, mentre UTI e riforma sanitaria venivano decise e approvate, ancor più importante di questo quesito è la considerazione che queste correzioni promesse non sarebbero state neppure prese in considerazione se non si fosse stato il disastro di domenica e se non apparissero come un mezzo per tentare di recuperare almeno una parte della mostruosa quantità di voti perduti dal Pd da cinque anni fa a oggi.

Non si tratta, insomma, di un cambio di rotta ragionato e magari ispirato da ideali e valori sociali, bensì di un espediente irriflesso e deciso soltanto pensando a una prospettiva breve, di circa un mese e mezzo, che si allunga soltanto fino alla prossima chiamata alle urne, il 29 aprile. Un cambio di rotta che, visto che nasce con esigenze elettorali e non poggia su convinzioni politiche e sociali, non è detto né che porti a soluzioni non pasticciate, né che poi queste riforme arrivino davvero in porto.

Ma, attenzione. Il comportamento del PD e, quindi, di Bolzonello, non è molto diverso da quelli della Lega e dei Cinque stelle, e questo non può non far preoccupare per il futuro della Regione e anche dello stesso intero Paese. Infatti,, se il Pd ora gioca in difesa correggendo se stesso, Lega e grillini giocano in attacco, soffiando sulla paura per i diversi, la prima, e sul rancore contro chi non sta con loro (e per ciò stesso è considerato sospetto, se non colpevole), i secondi. Tutti e tre, però, hanno in comune quella miopia politica che li obbliga e vedere e a considerare soltanto le cose che vedono, quelle temporalmente molto vicine, promettendo veloci retromarce da parte del primo, rapide cacciate di migranti dalla seconda, e immediati redditi di cittadinanza dai terzi. Di pensieri e progetti complessi e generali per un futuro lontano, nemmeno l’ombra.

Va detto che tutto questo non deve assolutamente sorprendere. Sono ormai molti anni che assistiamo quasi in colpevole silenzio al proliferare di un mondo politico che si disinteressa – perché non è abbastanza intelligente – del passato, e non si avventura – perché non è abbastanza intelligente – a prefigurare il futuro. E il paragone sull’intelligenza chiama in causa quel mondo politico che ben sapendo dove voleva arrivare e pur tra ricorrenti difficoltà, sacrifici e contrapposizioni spesso anche sanguinose, è stato capace di togliere l’Italia dalle macerie di una guerra disastrosa e indirizzarla su una strada che l’avrebbe portata al boom economico e a una serie di legislazioni sociali che tutto il mondo ci invidiava e che oggi, almeno in parte, stiamo amaramente rimpiangendo.

Il fatto è che per decenni abbiamo lasciato c he Berlusconi, uomo ricco di prezzi, ma senza valori, demolisse pezzo dopo pezzo la politica denigrando meticolosamente, anche attraverso le televisioni e i suoi dipendenti, le ideologie e le culture politiche. E di questa distruzione oggi soffrono, anche se pensano di goderne, tutti i partiti e movimenti politici, che non indicano alcuna prospettiva e non si sentono obbligati a fare la fatica di sognare, pensare, immaginare, ragionare e pianificare perché ormai nessuno si attende da loro qualcosa di più di un temporaneo tampone che neutralizzi alla meno peggio la crisi del momento, in attesa che arrivi ineluttabilmente la prossima.

E così, operando sul nulla, affidandosi all’improvvisazione e allo spontaneismo, affidandosi senza obiezioni ai voleri del capo, non leniscono le delusioni, né riescono a cancellare rabbie e risentimenti, ma soprattutto non prefigurano scenari di miglioramento organico e a lungo termine e, così non facendo, finiscono per tarpare le ali alla speranza, vero motore di ogni società ancora vitale. E, contemporaneamente, finiscono per sottolineare la loro inadeguatezza, se non inutilità, in un sistema democratico che, invece, avrebbe bisogno come del pane del loro ruolo fondamentale e costituzionale: quello di cinghia di trasmissione capace di portare le varie necessità dei governati fino ai governanti.

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