giovedì 15 marzo 2018

Il meno peggio?

Il PD potrebbe quasi rallegrarsi di aver raccolto il 18,7 per cento dei voti alla Camera e al 19,1 al Senato. Se gli elettori, infatti, avessero potuto già sentire in anticipo le parole pronunciate da Franceschini in questi giorni, sicuramente le percentuali sarebbero state ancora inferiori. Anche perché l’ex segretario del PD dal 2006 al 2008, è ancora una delle personalità di spicco di quel partito, capace – dicono – di influire su una cospicua quota di iscritti.
 
Ebbene, parlando delle prospettive politiche, ancora molto nebulose, del dopo elezioni, l’ineffabile ministro della Cultura ha proposto l’ipotesi di un governo «senza maggioranza», cioè con dentro tutti, o quasi – cita Di Maio, Salvini, Berlusconi, Martina, lasciando fuori soltanto Liberi e Uguali e Fratelli d’Italia – e non, ovviamente, per affrontare l’ordinaria amministrazione, bensì per creare una «legislatura costituente» e per fare riforme costituzionali tra le quali, in primis, «il monocameralismo» e una riforma elettorale «o che dia la maggioranza al primo arrivato, o punti a un sistema proporzionale, ma allora devi accettare che si stringano alleanze in Parlamento»; ma «dopo lo scontro frontale nei collegi uninominali, è difficile mettersi insieme».

Arduo pensare che Franceschini si sia già dimenticato del risultato del referendum del 4 dicembre 2016: molto più probabile che lo consideri soltanto un fastidioso inciampo lungo la strada allora tracciata da Renzi e dai suoi (tra i quali c’era anche lo stesso Franceschini), una strada che è stata rifiutata dal 60 per cento degli italiani che l’hanno considerata come il rischio di un vulnus gravissimo e pericolosissimo nel corpo della democrazia italiana.

Parlare della sostanza democratica del referendum sarebbe importante, ma ne abbiamo già parlato moltissimo e, inoltre, stante il fatto che sono stato referente provinciale del Comitato per il No, il mio giudizio sarebbe scontato. Quello che, invece, mi appare agghiacciante è il fatto che a Franceschini non importi per nulla il giudizio dato dal 60 per cento degli italiani, una maggioranza larghissima che sicuramente non è cambiata nel corso di poco più di un anno perché, se è vero che gli italiani non hanno più alcuna fiducia nei partiti, è altrettanto vero che continuano ad averne parecchia nella Costituzione; anzi, a considerarla come una specie di ultimo scudo contro le scorribande velleitarie e antidemocratiche che hanno segnato profondamente questi ultimi decenni senza dare, se non in rari casi, dei corrispettivi di leggi che facessero migliorare la società italiana.

Sulla legge elettorale, poi, visto che non implicitamente sostiene un nuovo premio di maggioranza, anche enorme, da dare a chi «arriva primo», dimostra che non tiene molto conto neppure delle sentenze della Corte Costituzionale.

Il disprezzo dimostrato dall’ancora ministro nei confronti delle scelte dei cittadini, impone prese di posizione nette da parte di tutti coloro che non vogliono dimostrarsi complici di un simile atteggiamento. Soprattutto da parte del PD, del quale Franceschini fa parte, e che non può limitarsi a un distratto silenzio. Altrimenti ci sarebbe il rischio che anche la triste abitudine del voto per “il meno peggio”, pur attraverso altre liste alleate, potrebbe risultare talmente indigesta da diventare impraticabile, spingendo così, nell’attesa dell'agognata nascita di nuovi partiti politici credibili, verso forze poste agli estremi, o a ulteriori e sempre deprecabili astensioni dal voto.

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