giovedì 1 febbraio 2018

La sorpresa che sorprende

Romano Prodi ha ragione quando, dopo aver annunciato che voterà per il PD di Renzi, chiede: «Scusi, ma dov'è la sorpresa?». E, infatti, a mente fredda, la cosa che più stupisce è lo stupore destato dal fatto che il professore torni ad appoggiare Renzi a poco più di un anno di distanza dal referendum costituzionale che - merita ricordarlo - nettamente non ha dato ragione né a chi voleva stravolgere la nostra Costituzione, né al suo illustre sostenitore.
 
È sicuramente giusto chiedersi con che stomaco Prodi, nel suo collegio bolognese, preferirà votare Casini invece di Errani, ma non c'è da ragionarci molto sopra. Mi sembra più interessante, invece, esaminare con un po più di attenzione la frase con cui Prodi ha giustificato la sua scelta: «Liberi e Uguali - ha detto -non è per l'unità del centrosinistra, mentre Renzi e il PD e chi ha fatto gli accordi con il PD lo sono». E in questa frase ci sono almeno due parole sulle quali merita soffermarsi per tentare di dare contorni certi al loro significato: "centrosinistra" e "unità".

Sul significato di "centrosinistra" basterebbe chiedersi, anche al di là di alcune leggi volute da Renzi e dai suoi, come mai possa mantenere questa definizione un'alleanza che presenta, tra gli altri, Casini (sempre quello che per una vita è stato emblema del centrodestra e per il quale Prodi ha dichiarato di voler votare), la ministra Lorenzin, l'ex braccio destro di Formigoni e tutta una serie di altri personaggi che mai si sarebbero avvicinati a qualcosa che odorasse veramente, anche se pur soltanto vagamente, di sinistra. Per non parlare poi - perché è tutt'altro discorso - di altri candidati nel meridione che sono molto vicini a Cuffaro o a Lombardo.

Meno semplice, invece, è definire il concetto di unità e poi capire fino a che punto l'unità può essere un pregio e quando, invece, diventa persino un difetto.

Per quanto riguarda il concetto, l'unità potrebbe essere definita come la condizione di qualcosa che è costituito da più parti che sono insieme per coincidenza, o almeno per convergenza, di ideali e di intenti. E già qui appare difficile ipotizzare che ci possano essere unità di ideali e intenti tra Renzi e coloro che lo hanno ritenuto talmente dispotico e talmente poco di sinistra da decidere di abbandonare il partito del quale pure erano stati i fondatori.

Ma ancora più evidente appare il fatto che un'alleanza tra Renzi (parlare di PD attualmente, e a maggior ragione dopo le decisioni sulle liste, appare superfluo, se non addirittura ipocrita) e Liberi e Uguali non avrebbe altro significato di quello che ha l'alleanza tra Berlusconi e Salvini: un semplice modo per sfruttare al meglio le follie dell'assurda legge elettorale che ha preso il nome dal suo teorico ideatore Rosato, per poi dividersi subito dopo, in quanto su molti punti gli obbiettivi non sono soltanto diversi, ma addirittura divergenti.

Su queste basi incontrovertibili appare davvero difficile concordare con la presa di posizione da parte di Prodi, non soltanto sotto l'aspetto politico, ma anche dal punto di vista utilitaristico. Se è vero, infatti, che uno degli scopi dei fuoriusciti dal PD era quello di rispettare il sentire dei tanti elettori che non andavano più a votare perché non trovavano più sulla scheda elettorale alcun simbolo che rispettasse i loro ideali sociali e politici di sinistra, o almeno vicini alla sinistra, un'unità tra LeU e PD forse consentirebbe al partito di Renzi di superare tranquillamente la soglia-spauracchio del 25 per cento, ma certamente perderebbe non soltanto tutti quelli che già non andavano alle urne, ma anche un buon numero di elettori che sul simbolo di quel partito di Renzi che ha voluto il Jobs Act, la Buona scuola, la fallita riforma costituzionale, la nuova legge elettorale - e tutto a colpi di fiducia - non riuscirebbero proprio più a tracciare una croce.

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