domenica 1 ottobre 2017

La rinuncia a educare

Apparentemente la notizia è che il Mediterraneo vale 5.600 miliardi di dollari, il 20 per cento del valore complessivo di tutti i mari del globo, pur costituendone soltanto l’1 per cento in termini di superficie. Lo afferma il WWF, specificando che la stima è stata fatta tenendo conto di pesci, piante, coste, minerali, clima e turismo e sottolineando anche che il calcolo è eseguito largamente per difetto in quanto nel conto non sono stati inseriti né gli idrocarburi, né le altre risorse profonde.

Il WWF trae la conclusione che noi siamo particolarmente fortunati a vivere sulle sue coste, o nelle sue immediate vicinanze, e lo dice nella speranza di convincere più gente possibile – inquinatori grandi e piccoli, ricchi e poveri – che salvare il Mare Nostrum è economicamente conveniente perché altrimenti si rischia di distruggere un enorme capitale.

In realtà, però, la vera notizia è che se anche il WWF si è rassegnato a ritenere che l’unica spinta verso un comportamento ecologico e responsabile può essere soltanto quella economica, allora vuol dire che la rinuncia a educare ormai è pervasiva e diffusa, anche se speriamo non ancora irreversibile.

Con questa sollecitazione legata al valore di un mare, fatta per di più da uno dei maggiori enti per la difesa del pianeta, passa il messaggio che l’ecologia va rispettata per una mira di guadagno e non per rispetto della natura, né, tantomeno, per convincimento culturale ed etico. E, se questo fosse vero, allora sembrerebbe ovvio desumere che invece ci si può comportare in maniera indiscriminata nei confronti delle realtà che non sembrano avere un valore pecuniario; come, per esempio, i diritti altrui.

Educazione, cultura ed eticità, insomma, passano decisamente in secondo piano, o, probabilmente, ancora più indietro.

E tutto questo finisce per far quasi dubitare che possa aver ragione la sciagurata ministra Fedeli che propone l’ingresso in classe degli smartphone e la riduzione di un anno della durata sia delle medie inferiori, sia di quelle superiori. Infatti, se la scuola deve fornire soltanto nozioni e non cultura, strumenti di ragionamento ed educazione, allora davvero non servono tanti anni; e neppure tanti libri in quanto basterebbe collegarsi, quando serve, a qualche sito internet, senza minimamente neppure porsi il problema di quanto possa essere attendibile.

E, d’altro canto, appare sempre più evidente che il pensare, come il leggere, in questo nostro mondo che sempre più sembra amare nuovamente affidarsi all’uomo solo al comando, siano diventati comportamenti quasi rivoluzionari e, quindi, mal sopportati.

E, allora, continuate a leggere e a pensare, come forme di radicale disobbedienza civile. E continuate a operare perché anche gli altri lo facciano.


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