sabato 18 febbraio 2017

Comunque andrà a finire

Una delle grandi maledizioni del nostro tempo è la smania di semplificazione, quella voglia di generalizzazione che è estremamente comoda, che evita di fare la fatica di dover conoscere, pensare, ragionare e scegliere, ma che finisce per togliere agli “altri” la vita reale, riducendoli ad astrazioni, e finendo per ammassare tutti in grandi, ipotetiche e improbabili, categorie. Ci sono addirittura – e tra loro anche molti colleghi davvero di vaglia – che fanno finta di poter indicare il credo politico di qualcuno limitandosi a dire che è del PD. E in questo modo è davvero impossibile comprendere cosa davvero stia accadendo in quello che era il più grande partito di centrosinistra e perché si sia arrivati praticamente alla scissione. Infatti è ridicolo parlare di questione di date che diventano importanti soltanto perché, se troppo ravvicinate, non possono non trasformare il congresso del partito nell’ennesima, quasi scontata conta dei voti.

Cerco di illustrare il mio punto di vista dandovi alcune premesse: non sono mai stato iscritto a nessun partito, ma molto spesso, da quando è nato, ho votato per il PD anche e soprattutto per la convinzione che non si possa creare una vera coalizione di centrosinistra senza una forte massa gravitazionale che finisca per attrarre gli altri corpi e corpuscoli che gli sono vicini. Detto questo, ha sempre scritto e ragionato sperando in una “unità della sinistra”, locuzione nella quale entrambi i sostantivi sono importanti, ma senza il secondo diventa inessenziale anche il primo. Terza, doverosa, precisazione: non ho mai apprezzato Renzi, sia perché, appunto, pochissime sue azioni hanno profumato, sia pur vagamente, di sinistra, sia in quanto per lui vincere un congresso, o un’elezione, non significa assumersi l’onere della decisione dopo approfonditi confronti, ma soltanto comandare senza reali confronti di idee e, in caso di polemiche durature, mettendo la scelta ai voti se il risultato è già scontato in suo favore.

Quindi, qualunque sarà il risultato dell’assemblea del partito, la sinistra ne uscirà con le ossa rotte perché il centro gravitazionale avrà perduto gran parte della sua forza d’attrazione, o, a livello parlamentare, a causa di una scissione, oppure, a livello popolare, in quanto il partito continuerà a perdere i voti di tutti coloro che continuano a credere che destra e sinistra non siano la stessa cosa e non trovano più, nel PD, i motivi per meritare il loro voto.

Assistere alle telefonate renziane ad alcuni – solo ad alcuni – degli esponenti della minoranza fa venire in testa più il desiderio di spezzare il fronte contrario che quello di cominciare una marcia di avvicinamento che includa tutte le anime del PD. Sentire le parole di Del Rio che, inconsapevole di essere ascoltato, accusa Renzi di non aver fatto nulla per contrastare la scissione evoca la figura di un Sansone – sia pure decisamente più debole – che, visto che non riesce a vincere, preferisce morire con tutti i – per lui – filistei. Vedere i distinguo nella minoranza fa anche capire che molto probabilmente, se il partito si spezzerà, la scissione creerà ben più di due pezzi. Insomma, comunque andrà a finire, il centrosinistra subirà una ferita dalla quale ben difficilmente potrà guarire in tempi brevi.

Ora possiamo dare la colpa a Renzi, a Bersani, a D’Alema, o a tanti altri esponenti del PD che stanno per andarsene, o che se ne sono già andati. Ma in realtà la colpa è nostra che, rinunciando alla partecipazione diretta, abbiamo lasciato che il berlusconismo allungasse almeno uno dei suoi tentacoli – la personalizzazione della politica con la cancellazione degli ideali – dappertutto e anche nel partito che era nato proprio per avversarlo e che, con Prodi, era riuscito per ben due volte a sconfiggerlo.

I nostri padri costituenti hanno scritto la nostra carta fondamentale mai immaginando che si potesse rinunciare a confrontare le idee e non hanno mai dato peso ai protagonismi. Proviamo a riprendere a seguire il loro esempio: le “vocazioni maggioritarie” senza basi ideali sono soltanto deliri di onnipotenza accompagnati da fastidio per il confronto.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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