sabato 30 gennaio 2016

Con la Costituzione in mano

Costi 
Spesso, nel chiedermi perché l’interesse degli italiani per la politica sia così profondamente cambiato da quarant’anni a questa parte, mi viene naturale aggiungere alla delusione e alla riprovazione per il comportamento di molti politici, anche la scarsa voglia di impegnarsi in quello in cui si crede.

E, conseguentemente, conscio dell’influenza che la cultura cattolica ha avuto su questo Paese, anche sulla fetta dei non credenti e praticanti, mi chiedo quanto abbia influito su questo atteggiamento mentale la formulazione dei dieci comandamenti che, tranne che per “Onora il padre e la madre” e “Ricordati di santificare le feste”, hanno tutti una formulazione negativa, di proibizione. Mi chiedo insomma, quanto sarebbe diverso il nostro Paese, anche dal punto di vista etico, se, per esempio, invece di “Non uccidere” fosse stato scritto “Aiuta il tuo prossimo a vivere”; oppure se, invece di “Non rubare”, la prescrizione fosse stata: “Contribuisci equamente al bene di tutti”.

La risposta è che, inevitabilmente saremmo tutti molto diversi in quanto oggi, perché uno si senta a posto, è sufficiente che sia convinto di non aver fatto del male; non necessariamente si sente in obbligo di accollarsi la fatica di fare del bene. E, in politica, spesso preferisce non impegnarsi e addirittura non votare, piuttosto che metterci la faccia ed effettuare una scelta che, come tutte le scelte, può anche essere sbagliata, ma che è la caratteristica principale che distingue il cittadino dal suddito.

Oggi, con l’avvicinarsi del referendum sulla revisione costituzionale, questa necessità di partecipazione non è più soltanto filosofica, ma diventa anche pratica perché, se dovesse vincere il sì, la disarticolazione della seconda parte della Costituzione si rifletterebbe inevitabilmente – e con effetti disastrosi – anche sulla prima, quella dei “Principi fondamentali” e su quella dei “Diritti e dei doveri dei cittadini”. Perché l’architettura costituzionale è unica e tiene strettamente intrecciati tutti i suoi elementi. Quindi non si tratterebbe soltanto di ridurre ad assurdo mostriciattolo un ramo del Parlamento e di accettare una legge elettorale sconsiderata, per aumentare il potere legislativo del potere esecutivo, ma si andrebbe a incidere in maniera disastrosa sul tasso di democraticità e di rappresentanza del nostro Paese che sarebbe esposto, senza la Costituzione che ci ha già salvato da alcune mire berlusconiane, a concreti rischi futuri.

È per questo che si deve votare no, a prescindere se Renzi possa considerare una sua sconfitta la causa per ritirarsi dalla politica. Quelli sono fatti suoi e di alcuni suoi amici, mentre la Costituzione è un fatto nostro. Di tutti.

Ed è per questo che non ci si può limitare a non fare nulla di sbagliato, ma bisogna agire – ognuno a seconda delle proprie possibilità – perché il “NO” vinca. Ho ben presente come ci commuovevamo e ci entusiasmavamo quando, per opporsi alle violenze berlusconiane, i magistrati si presentavano all’inaugurazione dell’Anno giudiziario tenendo tra le mani la Costituzione. Non mi dispiacerebbe affatto, da qui al referendum, che i parlamentari, i consiglieri regionali, provinciali e comunali che credono alla nostra democrazia si presentassero nelle loro aule tenendo in mano la Costituzione. E questo potrebbe essere allargato anche ai personaggi pubblici e anche ai privati cittadini. Sembra poco, ma sarebbe un modo per far sentire a tutti, anche a quelli che non leggono i giornali e non ascoltano i telegiornali, che stiamo vivendo un momento di estremo pericolo.

E il momento referendario potrebbe essere anche un sistema per veder rinascere come partito di centrosinistra quel PD che si sta trasformando sempre di più in un movimento elettorale di centrodestra. Io vedo il PD come un vecchio castello medievale, imponente con le sue alte e larghe mura e con il suo solido mastio. Un castello che è stato assediato a lungo e che, a un certo punto è stato conquistato dai nemici perché qualche traditore ha aperto il portone e ha abbassato il ponte levatoio. Ora il castello è in mano agli avversari e non si può far finta che non esista perché la sua massa critica è imprescindibile se si vuol riuscire a riportare l’Italia su quella che io ritengo sia la giusta via. L’unica strada è attaccarlo dal di fuori, ma contando anche sull’aiuto di quelli che sono rimasti al suo interno pur guardando con disapprovazione la bandiera alzata dal nuovo dominatore.

La chiave giusta per unire queste due forze può essere proprio la battaglia per il referendum, per la salvezza della democrazia. Una battaglia da fare sempre tenendo la Costituzione in mano.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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