giovedì 17 settembre 2015

Se il razzismo non è più reato

Confesso che ogni tanto mi viene il dubbio di trovarmi a criticare il PD di Renzi con una frequenza forse eccessiva; ma francamente la crescente lontananza da un partito per il quale ho quasi sempre votato sta diventando tale che mi sembra di essere addirittura fin troppo tenero e distratto nei suoi confronti. Non per quello che fa perché ogni leader di partito – in un’epoca in cui i partiti si sono ridotti a diventare semplici comitati elettorali – ha il diritto di fare ciò in cui crede, ma perché dice di farlo in nome della sinistra, mentre la sua forza elettorale è data in buona parte dal fatto che i tanti non più elettori del PD sono stati sostituiti da ex elettori berlusconiani soddisfatti del fatto che finalmente Renzi sta realizzando le cose di destra che Berlusconi non era stato capace di fare Oggi, però, il mio disappunto è dato da qualcosa che travalica le decisioni che potremmo definire “politiche” per entrare nel campo di quelle di coscienza. E anche qui le distanze stanno diventando abissali visto che è stato determinante il PD a salvare Roberto Calderoli dal processo di diffamazione con l’aggravante di istigazione al razzismo nei confronti dell'ex ministro Cécile Kyenge. Con il voto di una consistente parte dei senatori del PD l’aggravante è stata negata e, così, viene a cadere anche il processo per diffamazione che, da sola, avrebbe avuto bisogno di una denuncia di parte che non era mai stata presentata in quanto, con l’aggravante, si sarebbe dovuto procedere d’ufficio. È un voto che sdogana il razzismo, che fa sapere che, se si è parlamentari, ci si può fare un baffo non soltanto delle leggi, ma anche della Costituzione, si possono diseducare i giovani e offrire alibi ai beceri e ai violenti. E il perdono della Kyenge a Calderoli c'è stato (nella foto il momento delle scuse), ma soltanto a livello personale; non certamente - perché impossibile - sul piano istituzionale.

Merita ricordare le parole pronunciate da Calderoli nel luglio del 2013 riferendosi all’allora ministro Kyenge alla quale ora, ferita sanguinosamente da alcuni suoi colleghi di un partito nel quale non ha ancora deciso se restare, non rimane che rivolgersi alla Corte europea: «Ogni tanto – aveva sproloquiato il leghista –smanettando con internet, apro il sito del governo e quando vedo venire fuori la Kyenge io resto secco. Io sono anche un amante degli animali, per l'amore del cielo. Ho avuto le tigri, gli orsi, le scimmie e tutto il resto. Però quando vedo uscire delle sembianze di un orango, io resto ancora sconvolto».
Ebbene in queste frasi alcuni esponenti del PD non hanno rilevato gli estremi del razzismo. E nei loro confronti non è intervenuto il padrone del PD, Matteo Renzi, che pretende di cancellare la libertà di coscienza e l’autonomia di mandato dei suoi parlamentari quando si tratta di votare qualcosa che fa comodo a lui, ma che, pur riempiendosi la bocca di belle parole nei comizi che possono portare consensi, lascia perfettamente liberi quegli stessi parlamentari di sfregiare gli articoli della nostra Costituzione – almeno il 2 e il 3, per brevità – se la cosa non lo tocca direttamente.
E, bontà mia, mi rifiuto di credere che abbia potuto raggiungere un tale grado di abiezione – come hanno sospettato alcuni – da scambiare la non autorizzazione a procedere con il ritiro degli oltre mezzo milione di emendamenti presentati da Calderoli sulla riforma del Senato.
Il centrosinistra che ricordo io era molto attento a queste cose di semplice umanità, mentre era il centrodestra, quand’era in maggioranza, a permettere che i razzisti se la cavassero senza danni. Ma probabilmente sto sbagliando a usare il tempo imperfetto: sarebbe più giusto usare il presente. Perché il centrodestra non “era”, ma “è” la maggioranza.

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