lunedì 7 settembre 2015

Il ponte stradale di Budapest

strazioNessuna vita dovrebbe mai essere sacrificata per qualcosa. Tanto meno quella di un bambino. La foto che qui unisco è stata straziante quando ha cominciato a girare su internet, lo è ancora e continuerà per sempre a esserlo. Vorrei non averla mai vista. Ogni volta che la rivedo mi sforzo di non piangere. E non sempre ci riesco. Perché riproporla oggi? Perché forse sarà questa foto a cambiare il destino di un continente, o, addirittura, del mondo. Lasciamo pur perdere il fatto che si è parlato delle cose che qui si vedono per anni e che nulla si è mai mosso confermando il fatto che sono gli occhi e non le orecchie a mettere in moto il cervello e il cuore; le emozioni e non i ragionamenti. Ma senza questa foto oggi non assisteremmo al fatto che i governi razzisti, xenofobi, o anche soltanto isolazionisti, sono in difficoltà, se non in crisi; che anche i tanti governi indifferenti, o attenti soltanto a curare le proprie coltivazioni di voti, hanno assunto posizioni più solidali e responsabili; che un numero incredibile di gente ha deciso di non curare più soltanto il proprio orticello, ma di darsi da fare per aiutare gli altri; e non soltanto il prossimo - perché chi sta arrivando appare lontanissimo - ma chiunque ha bisogno.
Senza questa foto quello che è il Paese con il governo probabilmente in testa nella classifica del razzismo, l’Ungheria, oggi non sarebbe invasa da automobili di cittadini di uno che era considerato tra i Paesi più indifferenti, l’Austria: cittadini che attraversano il confine per andare a prendere i profughi bloccati a Budapest e per portarli verso la speranza. E se ancora oggi parliamo del "ponte aereo di Berlino", che ha permesso alla principale città tedesca di sopravvivere, pur soffocata dalla morsa sovietica, per molto più a lungo dovremo parlare del “ponte automobilistico di Budapest” che ha permesso alla civiltà dell’Europa di sopravvivere, pur soffocata dalla morsa dell’egoismo e dell’indifferenza.
E questa foto, pur senza parlare, non può non chiedere a ognuno di noi se a qualcuno può davvero importare se quel povero bambino stava scappando dalla probabile morte per guerra, o dalla morte per fame, o per malattie? Non può non chiederci se davvero qualcuno, dotato ancora di qualche briciola di sentimento umano, può credere che dei genitori rischino la vita dei figli, oltre che la propria, alla leggera, soltanto per vivere un po’ meglio. Si può forse consigliare pazienza a un genitore che vede inscheletrire e morire i propri figli anche se non trapassati da proiettili e schegge, soltanto perché quelli che sono comunque veri e propri soprusi di regimi di vario tipo non sono ufficialmente considerati tali?
È possibile che in questo strazio al quale stiamo assistendo si possa ragionare in termini quantitativi? Davanti alla lunghissima fila di disperati che chiedono di entrare per salvare se stessi e i propri cari, quando e perché si dovrebbe poter dire «Basta. Il posto è esaurito. Tu ancora puoi passare; tu, invece, devi tornartene indietro a morire. E senza protestare, senza rompere le scatole e senza tentare di entrare lo stesso.»?
Davanti a quale diritto conculcato si può dire «Tu puoi passare» e davanti a quale, invece, si chiude la porta e si dice «Tu resti fuori»? Chi è che deve stabilire qual è il limite oltre il quale si è autorizzati a non sopportare più e a cercare di andarsene, se non si ha l’animo di fare rivoluzioni? Si può forse legarlo ai voleri della maggioranza del momento del Paese di accoglienza?
In realtà, almeno in Italia, la risposta sarebbe semplice: basterebbe, infatti, affidarsi all’articolo 10 della nostra tanto pericolante Costituzione che dice «Lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge».
E tra le libertà democratiche si sono anche quelle di mangiare, di essere in buona salute, di poter curare i propri cari e di cercare un futuro degno e dignitoso per sé e per loro.
Tutto questo costa? È vero. Ma, come sempre, le spese devono essere valutate in base a quello che, facendo quelle spese si ottiene. Quale spesa avreste potuto ritenere impossibile per evitare che questa foto potesse essere scattata perché quel piccolissimo, sfortunato protagonista potesse essere ancora vivo. Se riuscite a fissare una cifra, non ho davvero alcuna voglia di parlare con voi.
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