Nessuna vita
dovrebbe mai essere sacrificata per qualcosa. Tanto meno quella di un
bambino. La foto che qui unisco è stata straziante quando ha cominciato a
girare su internet, lo è ancora e continuerà per sempre a esserlo.
Vorrei non averla mai vista. Ogni volta che la rivedo mi sforzo di non piangere. E non sempre ci riesco.
Perché riproporla oggi? Perché forse
sarà questa foto a cambiare il destino di un continente, o,
addirittura, del mondo. Lasciamo pur perdere il fatto che si è parlato
delle cose che qui si vedono per anni e che nulla si è mai mosso
confermando il fatto che sono
gli occhi e non le orecchie a mettere in moto il cervello e il cuore; le
emozioni e non i ragionamenti. Ma senza questa foto oggi non
assisteremmo al fatto che i governi razzisti, xenofobi, o anche soltanto
isolazionisti, sono in difficoltà, se non in crisi; che anche i tanti
governi indifferenti, o attenti soltanto a curare le proprie
coltivazioni di voti, hanno assunto posizioni più solidali e
responsabili; che un numero incredibile di gente ha deciso di non curare
più soltanto il proprio orticello, ma di darsi da fare per aiutare gli
altri; e non soltanto il prossimo - perché chi sta arrivando appare
lontanissimo - ma chiunque ha bisogno.
Senza questa foto quello che è il
Paese con il governo probabilmente in testa nella classifica del
razzismo, l’Ungheria, oggi non sarebbe invasa da automobili di cittadini
di uno che era considerato tra i Paesi più indifferenti, l’Austria:
cittadini che attraversano il confine per andare a prendere i profughi
bloccati a Budapest e per portarli verso la speranza. E se ancora oggi
parliamo del "ponte aereo di Berlino", che ha permesso alla principale
città tedesca di sopravvivere, pur soffocata dalla morsa sovietica, per
molto più a lungo dovremo parlare del “ponte automobilistico di
Budapest” che ha permesso alla civiltà dell’Europa di sopravvivere, pur
soffocata dalla morsa dell’egoismo e dell’indifferenza.
E questa foto, pur senza parlare,
non può non chiedere a ognuno di noi se a qualcuno può davvero importare
se quel povero bambino stava scappando dalla probabile morte per
guerra, o dalla morte per fame, o per malattie? Non può non chiederci se
davvero qualcuno, dotato ancora di qualche briciola di sentimento
umano, può credere che dei genitori rischino la vita dei figli, oltre
che la propria, alla leggera, soltanto per vivere un po’ meglio. Si può
forse consigliare pazienza a un genitore che vede inscheletrire e morire
i propri figli anche se non trapassati da proiettili e schegge,
soltanto perché quelli che sono comunque veri e propri soprusi di regimi
di vario tipo non sono ufficialmente considerati tali?
È possibile che in questo strazio al
quale stiamo assistendo si possa ragionare in termini quantitativi?
Davanti alla lunghissima fila di disperati che chiedono di entrare per
salvare se stessi e i propri cari, quando e perché si dovrebbe poter
dire «Basta. Il posto è esaurito. Tu ancora puoi passare; tu, invece,
devi tornartene indietro a morire. E senza protestare, senza rompere le
scatole e senza tentare di entrare lo stesso.»?
Davanti a quale diritto conculcato
si può dire «Tu puoi passare» e davanti a quale, invece, si chiude la
porta e si dice «Tu resti fuori»? Chi è che deve stabilire qual è il
limite oltre il quale si è autorizzati a non sopportare più e a cercare
di andarsene, se non si ha l’animo di fare rivoluzioni? Si può forse
legarlo ai voleri della maggioranza del momento del Paese di
accoglienza?
In realtà, almeno in Italia, la
risposta sarebbe semplice: basterebbe, infatti, affidarsi all’articolo
10 della nostra tanto pericolante Costituzione che dice «Lo straniero al
quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà
democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo
nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla
legge».
E tra le libertà democratiche si
sono anche quelle di mangiare, di essere in buona salute, di poter
curare i propri cari e di cercare un futuro degno e dignitoso per sé e
per loro.
Tutto questo costa? È vero. Ma, come
sempre, le spese devono essere valutate in base a quello che, facendo
quelle spese si ottiene. Quale spesa avreste potuto ritenere impossibile
per evitare che questa foto potesse essere scattata perché quel
piccolissimo, sfortunato protagonista potesse essere ancora vivo. Se
riuscite a fissare una cifra, non ho davvero alcuna voglia di parlare
con voi.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
Nessun commento:
Posta un commento