lunedì 13 luglio 2015

La parola chiave è “fiducia”

Forse poteva finire anche peggio, ma comunque è finita – ammesso che sia davvero finita – decisamente male. Perché assieme alla Grecia è praticamente morta anche l’Europa, almeno come sogno politico elaborato a Ventotene mentre le dittature erano politiche e militari, e non ancora, come quelle di oggi, economiche e finanziarie.
 
Il punto chiave di questa situazione, ripetuto ossessivamente nelle trattative, risiede sicuramente nella parola “fiducia” e, infatti, la dichiarazione finale del Vertice europeo comincia così: «Il Vertice euro sottolinea l’assoluta necessità di ricostruire la fiducia con le autorità greche quale presupposto per un possibile futuro accordo su un nuovo programma del meccanismo europeo di stabilità».

Fiducia, insomma, da riconquistare da parte dei greci. Ma c’è un altro capitolo ancora più importante: come faranno la Germania, i suoi vassalli, e tutti coloro che per debolezza non si sono opposti davvero strenuamente, a riconquistare la fiducia di quegli europei che ancora sognavano un’Europa davvero in grado di creare un’Unione?

Andiamo con ordine, cominciando dalla Grecia dove la stragrande maggioranza della gente continua a ripetere che «Non hanno nemmeno il coraggio di buttarci fuori dall’euro. Vogliono solo uccidere il nostro Paese cercando di fare passare la tragedia come un suicidio». Ed è difficile dare loro torto ricordando che, se finora i tagli e l’austerità hanno fatto peggiorare drammaticamente la situazione, non si capisce perché altri tagli e altra austerità dovrebbero far migliorare la situazione.

Appare poi evidente che qualsiasi cosa sia costretto a fare Tsipras, pur godendo di grandissima popolarità, renderà ancora più profonde le divisioni nel Paese e ancora più larghe le spaccature nel partito. Senza andare a scomodare i ricordi delle Termopili, appare evidente che l’oltre 60 per cento dei greci che hanno votato “No” al referendum preferisce soccombere dignitosamente piuttosto che morire per umiliazione e inedia, ma è anche altrettanto chiaro che Germania e complici puntano sul fatto che nel Parlamento può costituirsi un’altra maggioranza, senza consistenti fette di Syriza, ma con il determinante apporto di Nea Demokratia e del Pasok, proprio i due partiti che sono i responsabili del disastro economico di Atene, ma anche quelli con cui i maggiorenti economici europei potevano fare quei grandi affari che, evidentemente, puntano a fare ancora, visto che nella dichiarazione finale-diktat del Vertice non soltanto si impongono molte privatizzazioni, ma si precisa anche che «le attività greche di valore saranno trasferite a un fondo indipendente che monetizzerà le attività attraverso privatizzazioni e altri mezzi. La monetizzazione delle attività sarà una fonte del piano di rimborso del nuovo prestito e nel corso della durata del nuovo prestito genererà un importo obiettivo complessivo pari a 50 miliardi di Euro, dei quali 25 miliardi saranno usati per il rimborso della ricapitalizzazione delle banche e altre attività, mentre il 50% di ogni euro restante (ossia il 50% di 25 miliardi di Euro) sarà usato per ridurre il debito in rapporto al PIL e il restante 50% sarà usato per gli investimenti. Tale fondo sarebbe stabilito in Grecia e gestito dalle autorità greche sotto la sorveglianza delle pertinenti istituzioni europee».

È evidente che a questi signori dei cittadini della Grecia non importa nulla. Importa dei soldi e delle privatizzazioni che aprono nuove autostrade di arricchimento per i più ricchi, magari dei Paesi cosiddetti “virtuosi”.

Patetico è il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, che tenta di negare l’umiliazione della Grecia dicendo che «In questo compromesso non ci sono né vincitori né sconfitti. Non penso che i cittadini greci siano stati umiliati, si tratta di un accordo tipicamente europeo». Se così fosse dovrebbe essere querelato per uso improprio e offensivo di un termine – “europeo” – che per milioni di cittadini del vecchio continente ha ancora un valore sacrale.

E altrettanto patetico è anche Matteo Renzi che resta costantemente fuori dalla stanza in cui si decide davvero e che ora tiene un profilo di dichiarazioni molto basso, limitandosi praticamente alla cronaca con un «È stata una nottata di grande impegno e anche di qualche tensione», ma è stato raggiunto «un accordo importante che in molti momenti della nottata non è apparso scontato». Poi dice che la Germania non è despota, forse ricordando che è stata cancellata, da una prima versione già resa pubblica, l’imposizione che l’eventuale “Sì” del Parlamento di Atene avrebbe dovuto essere sottoposto all’ulteriore accettazione dei Parlamenti della Germania, ma anche di Austria, Finlandia, Slovenia, Estonia e Olanda, i Paesi più amici della Merkel e di Scheuble. A proposito di democrazie che non hanno maggior valore di altre.

Dell’Europa che esce da questo Vertice a un europeista convinto non può importare niente: è un simulacro vuoto che di Europa porta solo il nome, che non ha né dignità sociale (i soldi ai creditori prima che la vita ai vivi), né dignità etica (con il recupero dei corrotti e dei corruttori, pur di potersi comperare la Grecia intera), né dignità politica (con l’allontanamento sempre più deciso da un concetto di parità tra nazioni che concorrono a costituire un’Unione e con l’ascolto dei voleri dei cittadini).

Oggi sembra quasi inevitabile stare vicini alla Grecia e stare lontani da questa sedicente Europa per tornare a sognarne una totalmente nuova e davvero degna di tal nome. Non sarà facile, ma è proprio in questi momenti che chi crede nella democrazia non deve dimenticare che le uniche armi possibili, ma anche potenti, sono l’espressione pubblica del proprio pensiero e il voto.

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