mercoledì 24 giugno 2015

L’OGM politico

Era ormai da secoli che le categorie del governare sembravano tutte conosciute. Di alcune, come le oligarchie e le aristocrazie c’è ormai soltanto un ricordo storico. Altre, come le teocrazie e le monarchie, costituzionali o dispotiche, elettive o ereditarie che siano, fortunatamente non ci riguardano più. Quindi, in Italia siamo andati avanti per decenni parlando soltanto di democrazie e temendo soltanto le dittature; blandamente interessandoci quando Predrag Matvejevic, un paio di decenni fa, ispirandosi a quello che stava succedendo nell’ex Jugoslavia, aveva inventato il termine “democratura” per indicare una “cosa” che nominalmente restava democrazia, ma sostanzialmente virava verso l’autoritarismo di una dittatura. 

Sbagliavamo perché intanto, come in agricoltura e nell’allevamento, anche in politica si stavano cercando nuove “cose” da ammannire non più ai cittadini, ma ai consumatori, delle specie di organismi politici di tipo geneticamente modificato. E si sono viste le prime degenerazioni, come la partitocrazia in cui i gruppi dirigenti dei partiti non ascoltavano più gli elettori, ma li ritenevano soltanto un fastidioso orpello da dover ostentare pubblicamente per andare avanti sulla strada del potere, o come l’“illusocrazia” nella quale Berlusconi regalava specchietti per le allodole a coloro che volevano convincersi che lui si era fatto onestamente da solo e che, quindi, tutti potevano arrivarci.

Ora, in attesa di vedere se l’“odiocrazia” leghista riuscirà ad allargare ancora gli effetti del suo fascino dell’orrido, stiamo assistendo alla nascita di un nuovo OGM politico di cui non è ancora stato coniato il nome (“ricattatura”, però potrebbe andare), ma il cui identikit è già ben formato e si attaglia a chi non possiede la statura morale per accettare di stancarsi con le complicate regole e consultazioni della democrazia, ma nemmeno l’illusione machista di imporre le proprie idee con l’autoritarismo dittatoriale e allora sceglie la via che gli appare più semplice: quella del ricatto.

L’esempio è innegabile e clamoroso: «Se fate passare, con la fiducia, la legge che piace a me – dice in sostanza Renzi – faccio assumere 100 mila precari della scuola; altrimenti quelli se ne stanno a casa». Come se fosse il presidente pro tempore del Consiglio a poter disporre del diritto al lavoro, come se la scuola non fosse la fabbrica del futuro ma una semplice merce di scambio, come se potesse pensare che l’esistenza del mondo italiano si esaurisse nei voti controllabili delle aule parlamentari e non ci fosse anche e soprattutto una società che ha già chiaramente fatto capire, con risultati elettorali alla mano, che la fiducia data a Renzi appare sempre più malriposta.

Davanti agli OGM agricoli, o animali che siano, la maggior parte della gente scappa perché capisce che sta correndo dei rischi non quantificabili, né circoscrivibili. Davanti all’OGM politico sta accadendo la stessa cosa. Dal PD se ne era già andato Civati; ieri è diventato ufficiale l’addio anche da parte di Fassina. Però, ancora prima, se ne erano andate molte centinaia di migliaia di elettori senza un nome famoso, ma estremamente reali e concreti come quelli dell’Emilia Romagna che avevano fatto suonare un primo, ma forte campanello d’allarme che è stato colto da molti, ma non da Renzi, dai suoi yes-man e dalle sue yes-woman parlamentari.

Dovrebbe essere ormai chiaro che chi resta nel PD in maniera sostanzialmente inerte si sta rendendo complice della distruzione di quella che era la massima massa di attrazione del centrosinistra italiano, quel PD che, con altre segreterie progrediva, sia pur lentamente, a ogni tornata elettorale, e che con Renzi, dopo un abbagliante successo aiutato da una destra che proprio in Renzi vedeva giustamente il suo campione, si sta svuotando progressivamente perché a destra non fiorisce e a sinistra ha perduto le sue radici. Un OGM politico non soltanto mal riuscito, ma vittima della debolezza stessa del suo inventore che da sempre tenta di mascherarla con la velocità.

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