Nel momento in
cui nel Mediterraneo si muore più ancora che in altri momenti, forse non
si dovrebbero mettere in primo piano altre vicende, ma la pericolosità
di quello che sta accadendo nel nostro Parlamento è talmente alta da non
poter tacere. Sarebbe impossibile, infatti, lasciar passare sotto
silenzio quello che ha fatto Matteo Renzi nella commissione Affari
costituzionali sostituendo dieci esponenti della minoranza PD - tra i
quali Bersani, Cuperlo, Rosy Bindi, D'Attorre, Barbara Pollastrini - per
non consentire modifiche al testo dell'Italicum dopo che nell’assemblea
dei deputati PD aveva ottenuto la maggioranza, ma si era trovato con
oltre il 38 per cento degli aventi diritto a rifiutarsi di dargli
ragione. Da notare che si tratta di una sostituzione ad hoc, valida
soltanto per l'esame dell'Italicum e che poi i cacciati potranno
rientrare.
E allora la prima domanda non può
che essere: ma quale dignità hanno i sostituti che sanno di essere
mandati esplicitamente in commissione, a tempo, soltanto per ripetere
ciò che vuole Renzi? E la seconda è: ma i sostituiti potranno mai
accettare di rientrare dopo questa cacciata a tempo senza rinunciare
alla loro dignità?
Ma se queste domande riguardato sostituiti e sostituti, più importanti sono le domande da rivolgere a Renzi e a noi stessi.
L’attuale presidente del Consiglio
conosce quel passo dell’articolo 67 della Costituzione che parla di
assenza di vincolo di mandato? Sembra a chi non è mai stato scelto dai
cittadini per il posto dove ora si trova, che la democrazia
rappresentativa possa esprimersi come una serie di successivi tagli
delle minoranze per portare avanti un’idea unica, quasi ci si trovasse a
disputare un torneo sportivo a eliminazione diretta? Si rende conto che
la vergognosa proposta fatta a suo tempo da Berlusconi di limitare al
massimo i lavori parlamentari e di effettuare le votazioni soltanto tra i
capigruppo che avrebbero dovuto portare con sé il peso numerico dei
propri parlamentari oggi appare quasi come un esempio di democrazia
illuminata?
E per noi, per i sostituiti e per i
parlamentari che ai sostituiti si sentono vicini, la domanda non può
che essere: fino a quando continueremo a pensare al PD come quel partito
che era e che non è più? Fino a quando accetteremo che l’Italia non
abbia più un’espressione politica di sinistra? E non perché la sinistra
abbia perso (Bersani aveva vinto di poco quelle elezioni, ma le aveva
vinte), ma perché si è consegnata, mani e piedi legati, a uno che, oltre
a non avere alcuna parentela con la sinistra, travisa anche il
significato di democrazia? A uno che, o crede gli esponenti del PD
incapaci di pensare da soli, o non gli importa dell’eventuale spaccatura
e dissoluzione del PD stesso?
Renzi sta portando avanti, a colpi
di mano, due riforme, una elettorale e una istituzionale che, prese una
per una, sarebbero già orrende, ma che, se combinate, possono diventare
mortifere per la nostra democrazia. Ed è questo, ben al di là della
crisi economica, il rischio maggiore per questo nostro disgraziato
Paese.
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