Quando Landini dice che Renzi è peggio di Berlusconi, ha torto e ragione assieme.
Torto perché di suo, pur assommando
ed esaltando alcune delle caratteristiche peggiori dei vecchi
democristiani di destra, Renzi non può riuscire a superare il vecchio
maestro che, tra l'altro, ritiene di essere ancora tale.
Ragione, in quanto è riuscito a dare
realtà ad alcuni tra i sogni berlusconiani da lui non realizzati; e ci è
riuscito in quanto ha la possibilità di sfruttare al massimo
contemporaneamente sia la cupidigia di servilismo e di adulazione del
suo popolo che, ricordando molto da vicino quello di Nerone-Petrolini, è
pronto ad applaudire addirittura prima che il capo abbia finito di
parlare, sia in quanto può contare sul pur riluttante, ma ripetuto
assenso di chi crede ancora che chi si oppone al governo Renzi, si
oppone a un governo di sinistra.
Ma così non è e sarebbe il caso di
dirlo ripetutamente e a voce alta, cominciando, per esempio, da quella
sbandierata velocità che può sembrare un punto di forza, ma è anche di
debolezza.
Pensiamoci: se la democrazia è
scelta e se la scelta è figlia della conoscenza, allora ne deriva in
maniera inconfutabile che la velocità è contraria alla democrazia perché
non permette la conoscenza e, quindi la scelta. Tutto questo appare
ancora più chiaramente se si considera che una persona può passare tutto
il tempo che gli serve a pianificare un proprio progetto e poi pretende
che la risposta – ovviamente affermativa – arrivi in tempi ristretti
non lasciando agli altri il tempo per riflettere sulla risposta che, man
mano che il tempo passa, ha maggiori probabilità di essere almeno
parzialmente negativa in quanto un’attenta riflessione può mettere in
luce quelle crepe che a una prima, veloce occhiata, non appaiono
evidenti.
Quello della velocità è un modo di
fare che può andare bene nell'economia e nella finanza, ma non nella
democrazia e, quindi, nella politica. Perché nell'economia e nella
finanza nella concorrenza si cerca il disequilibrio, mentre nella
democrazia si dovrebbe cercare l’equilibrio.
L'importante, insomma, non è fare
riforme, ma farle bene. L'Europa non ha mai chiesto a nessuno, tanto per
dare un esempio, di eliminare, o di stravolgere il Senato, né di
impostare una legge elettorale fortemente maggioritaria.
Sicuramente la parte buona
dell'Europa sarebbe molto più interessata a una buona legge
anticorruzione. Fare riforme non è un merito a prescindere dal risultato
che si ottiene e con l'uso strumentale e ricattatorio del concetto di
velocità le probabilità di fare errori cresce in maniera esponenziale.
Se si combinano le nuove leggi
costituzionali con la nuova legge elettorale fortemente maggioritaria e senza predisporre i necessari contrappesi istituzionali, per esempio, non è
difficile immaginare cosa potrebbe succedere se a vincere il ballottaggio
fosse un esponente politico della destra peggiore, magari con tendenze
all'autoritarismo e con tutte le leve del potere in mano. E allora la
velocità di oggi sarebbe la causa del disastro di domani.
E anche di questo dobbiamo continuare a parlare spesso e a voce alta.
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