Che Felice
Casson, dichiaratamente di sinistra, abbia sconfitto due candidati
renziani alle primarie per le comunali di Venezia ha un grande
significato, anche perché lo ha fatto con il 55,6%: il che vuol dire che
avrebbe vinto anche se gli altri due non si fossero parzialmente elisi a
vicenda. Ritengo, infatti, che il messaggio che arriva dalla laguna
vada ben oltre l’ambito comunale al quale si riferisce, ma che si
estenda all’intero panorama nazionale come momento in cui può prendere
corpo una svolta auspicata da tantissimi di coloro che avevano il PD
come punto di riferimento come catalizzatore delle forze di sinistra e
di quelli che se ne erano allontanati in quanto non sentivano più quel
partito come casa loro.
Al di là del grande significato del
rifiuto della corruzione dato al voto pro Casson, da Venezia – se si
combina quel risultato con la “Coalizione sociale” di Landini e con
altre iniziative simili, già da tempo partite, come, nella nostra
regione, “Officina 2.0 – arriva un segnale netto del fatto che
finalmente sta riprendendo forza non il fascino delle persone, ma l’idea
politica che le anima.
Nel luglio del 2008, nella serie di
incontri che avevo organizzato per il Mittelfest targato Moni Ovadia, ho
introdotto e gestito un incontro tra il senatore Mino Martinazzoli,
l’uomo che ha sciolto la DC e ha fondato il PPI, e il professor Natalino
Irti, giurista che aveva da poco scritto uno splendido libro: “La
tenaglia – In difesa dell’ideologia politica”.
Nell’introduzione avevo detto che il crollo del muro di Berlino aveva
trascinato con sé nella caduta molte cose brutte ma anche alcune cose
belle e di valore: aveva tolto, per esempio, alla politica il passato e
il futuro perché aveva trascinato con sé non soltanto l’ideologia che
rappresentava ma anche tutte le altre, tranne quelle del liberismo e del
razzismo che ideologie non sono, ma semplici applicazioni pratiche del
concetto di egoismo alla società umana.
Guardiamo a cos’è successo: dopo il
muro, per un lungo periodo quasi tutti hanno buttato via, almeno per una
certa parte, i loro valori. Lo hanno fatto i comunisti, i socialisti, i
cattolici, i liberali e persino i fascisti, anche se, per me, la parola
“valori” in questo caso andrebbe sostituita con qualcos’altro. Li hanno
buttati via illudendosi che senza valori ci si sarebbe potuti
avvicinare l’uno all’altro in una sorta di fatale attrazione verso un
posto indistinto e ritenuto vincente che per molti per comodità chiamano
centro; che però è molto diverso dal centro di una volta perché anche
il centro di una volta aveva i suoi valori, mentre adesso è, appunto,
una cosa indistinta e vive il giorno per giorno e non quella pulsione
verso una meta che invece esisteva prima. E molti si sono avvicinati
facendo ressa tutti insieme, cercando di farsi belli e attrarre
simpatie, facendosi vedere simili a quelli che in quel momento stavano
vincendo. Ma non sono riusciti ad attrarre nessuno perché il vuoto non
attrae mai nessuno, ma, anzi, dà un senso di repulsione. Il risultato è
che sempre meno gente si è avvicinata al voto e alla politica, alla
partecipazione al vivere sociale. E contemporaneamente chi ha fatto così
non si è sentito più vicino agli avversari di una volta perché sono
rimasti completamente estranei. Ma contemporaneamente hanno perduto
molti amici perché senza valori non li riconoscevano più, né da loro
erano riconosciuti. E, in molti casi, hanno perso anche il rispetto di
sé stessi e, per recuperarlo, si sono allontanati da qualsiasi cosa
avesse attinenza con la politica.
Ora molti temono la nascita di un
nuovo partitino. Ma non si tratta di questo: si tratta di voler avere
nuovamente un partito di sinistra e se sarà ancora il PD, ma depurato
dal renzismo, che di sinistra non è, sarà più che ben accetto.
Quell’incontro del 2008 era intitolato “Il futuro delle ideologie” e
oggi, finalmente, quel futuro sembra avvicinarsi: non sarà importante il
nome dell’ideologia, ma il contenuto che deve basarsi sulla difesa dei
diritti conquistati con sangue e fatica da chi ci ha preceduto,
sull’intransigenza davanti a qualsiasi cosa metta a repentaglio la
democrazia, sull’uguaglianza, sulla solidarietà e sulla ricerca di
partecipazione – reale e non soltanto formale – di tutti. Poi chiamatela
pure come volete.
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