Debora Serracchiani, nella sua
veste di vicesegretario del PD, ha perfettamente ragione quando dice:
«Berlusconi che parla di deriva autoritaria è quasi commovente»,
rispondendo alla frase «Avvertiamo il rischio che vengano meno le
condizioni indispensabili per una vera democrazia e che ci si possa
avviare verso una deriva autoritaria». Il problema è che nella sostanza
l’ex cavaliere ha ragioni da vendere e che adesso sbraita soltanto
perché questa “deriva autoritaria” non sarà lui a gestirla, anche se da
un ventennio tentava di realizzarla.
Da sempre considero lo
stravolgimento assoluto del Senato e la nuova legge elettorale due
iatture da evitare a qualsiasi costo, ma adesso la cosa diventa ancora
più pericolosa e più urgente perché sempre più vicino alla realtà è
quello che fino a poco tempo fa sembrava soltanto un incubo: il Partito
della Nazione, che già nella sua esposizione semantica è un ossimoro
creato per imbrogliare la gente, visto che partito significa dividere da
altri e nazione postula un’unità da non scalfire.
L’incubo diventa realtà perché dopo
l’ingresso nel PD di Migliore e di altri esponenti di SEL, ora
assistiamo al rientro di personaggi come Ichino, Maran e altri di SC,
mentre si stanno spalancando le porte anche a buona parte dei
fuoriusciti del M5S. Ne uscirà un guazzabuglio politico
indistinguibile.Maria Elena Boschi afferma che il PD è un partito aperto
e Pierluigi Bersani ribatte dicendo che il PD non può essere una porta
girevole attraverso la quale si può entrare e uscire a piacimento. Ma
questo è soltanto un aspetto – e probabilmente il minore – della
faccenda.
Il punto fondamentale è che se si
proseguirà su questa strada l’esistenza del Parlamento non avrà più
alcun senso, se non quello di fare da paravento a un regime più o meno
autocratico, perché tutto sarà discusso e votato nell’assemblea del
Partito della Nazione e poi le decisioni saranno portate a Montecitorio
soltanto per sottoporle a una scontata ratifica di una maggioranza
straripante e praticamente invariabile in cui le opposizioni faranno
soltanto da figuranti senza diritto di pensiero, oltre che di parola.
Anche perché sempre più è guardato con insofferenza l’articolo 67 della
Costituzione, quello in cui si dice – difendendo, appunto, l’essenza
della democrazia – che i parlamentari non hanno “vincolo di mandato”.
Aggiungete a questa nuova realtà
che non ci sarà più nemmeno una seconda Camera capace di riformare gli
errori della prima e il quadro diventa completo. Oltre che
terrorizzante.
E non ci si venga a dire che chi la
pensa come me è soltanto un oppositore di Renzi e dei suoi: diamo loro
pure atto di totale buona fede, ma non possiamo non pensare a come
sarebbe l’Italia oggi se nel 1992 il Berlusconi vincitore delle elezioni
avesse trovato queste regole già in vigore. E a cosa potrebbe succedere
in futuro se qualche altro personaggio poco raccomandabile dovesse
conquistare Palazzo Chigi.
Chiediamoci, per favore, perché
tanti italiani hanno sacrificato la vita durante il fascismo e durante
la Lotta di Liberazione con il sogno di una democrazia stabile.
Chiediamoci perché i padri costituenti sono stati così attenti a creare
contrappesi capaci di disinnescare ogni tentazione autoritaria.
Chiediamoci se l’Italia in cui dilaga la corruzione è più virtuosa – e
quindi dotata di anticorpi sociali – di quella del 1948.
La realtà è che non siamo mai stati
così vicini alla realizzazione di una parte fondamentale del cosiddetto
“Piano di rinascita democratica” di Licio Gelli.
La battaglia per il referendum
previsto dalla Costituzione in caso di leggi di revisione costituzionale
approvate con meno di due terzi dei parlamentari (sempre sperando che
questo avvenga davvero) deve cominciare già da oggi.
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