Niente da dire.
Questa volta è obbligatorio fare i complimenti a Matteo Renzi e alle
altre figure di primo piano della maggioranza e delle minoranze del PD
per come sono arrivati all’elezione di Sergio Mattarella che mai
riuscirà a cancellare lo sfregio fatto dai 101 con il tradimento nella
votazione per Prodi, ma che ci assicura un presidente che possiede
un’etica sociale e politica, e che da queste non intende deflettere
perché mai le ha tradite, per i prossimi sette anni. Complimenti anche
perché questa elezione ha ulteriormente indebolito la posizione di
Berlusconi e ridotto le nefaste conseguenze del patto del Nazareno.
Ridotto, ma non eliminato perché alcuni frutti avvelenati, come il Jobs
act, sono già entrati nella vita degli italiani e altri, come questa
riforma elettorale, sembrano molto vicini a entrarci.
Ma in quest’anno il cinismo politico
di Renzi ha già avuto modo di esprimersi abbondantemente con una specie
di politica a geometrie variabili che gli permette di allearsi ora con
questo, ora con quello, a seconda di quelle che sono le sue necessità
del momento per raggiungere i suoi obbiettivi.
I complimenti a Renzi, dunque, sono
obbligatori, ma questo non può cancellare il dissenso con il suo
operato, Né, tantomeno, può far abbassare la guardia sulle tante altre
cose che si dovranno decidere per tirare fuori l’Italia da quella
profonda crisi – non soltanto economica – in cui è sprofondata.
Le prime parole del nuovo presidente
della Repubblica («Il pensiero va soprattutto e anzitutto alle
difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini. È sufficiente
questo») e il suo primo atto pubblico (la visita alle Fosse Ardeatine)
sono realtà che già indicano una strada ben precisa che non si sostanzia
soltanto in minore disoccupazione, maggiori stipendi e minori tasse, ma
anche e soprattutto, con la parola “speranze”, nell’antico e sempre
disatteso desiderio di trasformare l’Italia in un Paese in cui normale
sia la legalità e non la corruzione, in cui gli onesti non si sentano
dei poveri scemi, in cui i conflitti di interessi cessino di essere la
norma, in cui le cose che non vanno vengano denunciate non soltanto
dalle inchieste di pochi giornalisti, ma soprattutto dai responsabili
della politica.
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