domenica 18 gennaio 2015

Se l'elastico si spezza

Spesso in politica le reazioni possono essere più illuminanti delle azioni. E così avviene anche per quanto è stato detto sull’uscita di Cofferati dal PD (che, non dimenticando Prodi, sembra amare la cannibalizzazione dei suoi padri) dopo il “pasticciaccio brutto” di Genova perché, per prima cosa, va specificato che l’ex segretario della CGIL è uscito dal partito di cui era tra i fondatori non perché ha perso, ma per come le regole sono state cancellate; e in democrazia, se le regole vengono cancellate, la prima a perdere, e quindi a morire, è proprio la democrazia.
La Costituzione dice che «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale» e, come sottolinea Crisafulli combinando il dettato dell'articolo 18 con quello dell'articolo 49, i partiti sono citati al plurale perché sono «portatori di altrettante diverse concezioni dell'interesse generale». In Liguria – ma non soltanto lì – tutto questo è stato stravolto perché con la richiesta da parte della Paita e dei suoi patrocinatori di un sostegno dell’elettorato di centrodestra alle primarie, e con la ventilata possibilità di creare una giunta che tenesse conto anche delle esigenze del medesimo centrodestra, si è cancellato il concetto stesso di partito e, quindi, di diversità di programma politico, impedendo una scelta democratica agli elettori e presentando, quindi, una specie di minestrone in cui i vari ingredienti perdono caratteristiche visive, olfattive e gustative. Se, poi, le cosiddette “larghe intese” possono essere uno strumento politico temporaneo per superare momenti difficili, questo espediente non può diventare un sistema, più o meno dissimulato, per mantenere un potere sulle decisioni da prendere a nome della comunità; decisioni che non avrebbero più un indirizzo democratico, appunto, ma sarebbero dipendenti soltanto dalla volontà degli eletti a prescindere da quella degli elettori.

Si potrebbe dire che l’inquinamento del centrodestra nelle primarie del centrosinistra era già evidente in quelle che hanno visto Renzi diventare segretario del PD. È vero, ma il problema si è aggravato sia qualitativamente, sia quantitativamente. Qualitativamente in quanto l’invito agli elettori di destra a dire la loro sulle decisioni del centrosinistra questa volta è stato esplicito, a dimostrazione che non serve più nemmeno far finta che delle regole democratiche, anche se non scritte, ci siano. Quantitativamente perché lo stesso invito è stato ribadito anche dai maggiorenti del centrodestra e, quindi, presumibilmente, i votanti berlusconiani, alfaniani, o anche altro, sono stati decisamente di più dell’altra volta.

Claudio Burlando, presidente uscente della Liguria e patrocinatore della Paita dice che «Se il Pd non si ricompatta, c'è il serio rischio di perdere le elezioni regionali liguri». A lui si può rispondere che bisognerebbe discutere sul significato di “vincere” e di “perdere”: a “vincere” o a “perdere” sarebbe un’idea politica con i suoi valori e le sue convinzioni, come continuiamo a pensare in molti ingenui tradizionalisti affezionati alla democrazia e alla Costituzione, oppure sarebbe una specie di comitato allargato che non esprime più un indirizzo politico, ma soltanto una presunta necessità di stabilità governativa? Il democraticamente assurdo «Lasciatelo lavorare» dedicato per vent’anni dai suoi sostenitori a Berlusconi, ora viene ripetuto per Renzi e viene anche clonato per i suoi fedelissimi. E, in quest’ottica, non appare strano che Berlusconi renda pubblica una teorica sfuriata contro Brunetta reo di apostrofare in modo troppo rude lo stesso Renzi.

Ma non è soltanto dal punto di vista squisitamente politico che l’attuale PD sembra inadeguato perché non offre agli elettori una possibile scelta chiara. La stessa miopia sembra danneggiarlo anche dal punto di vista puramente pragmatico perché se la disaffezione dimostrata dai suoi elettori nella roccaforte dell’Emilia Romagna non ha insegnato nulla, allora i risultati delle prossime elezioni potrebbero anche causare una frammentazione del partito che andava tronfio del suo 40,8 per cento e che potrebbe perdere per strada una consistente fetta di elettorato che non lo riconoscerebbe più come partito che prede le sue parti.

Ogni elastico dà l’idea di poter essere tirato indefinitamente, ma se si spezza non è più possibile rimetterlo insieme.

Sulla vicenda ligure e le sue conseguenze è già stato pubblicato un blog che potete trovare all’indirizzo http://carbonetto-udine.blogautore.repubblica.it/2015/01/17/casa-propria-o-casa-altrui/

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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