È come se
qualcuno avesse lasciato una banca con la porta aperta, senza guardie
giurate in servizio e anche con la cassaforte spalancata. A un certo
punto è entrato qualcuno che si è impossessato di quello che nella banca
c’era e se n’è andato per la sua strada. È evidente che chi ha lasciato
le sue ricchezze indifese è, a essere buoni, uno sprovveduto, ma è
altrettanto evidente che chi di quelle ricchezze si è impossessato è
colpevole di furto, o, almeno, di appropriazione indebita.
Fuor di metafora e passando a
parlare di politica, dove non ci sono reati penalmente perseguibili, e
le parole hanno da sempre un valore relativo, è evidente a tutti che la
sinistra ha trascurato i propri valori e non li ha difesi adeguatamente
preferendo sprecare energie in baruffe interne, continue scissioni e
meschini calcoli elettorali quasi sempre rivelatisi clamorosamente
sbagliati. Ma è altrettanto evidente che Matteo Renzi di questa
situazione si è approfittato sottraendo alla sinistra linguaggio,
simbologia e partito.
Linguaggio perché ormai lui e i suoi
hanno camuffato un bel po’ di parole sottraendone, per i tanti
distratti, il vero significato. Così “sinistra”, nel suo linguaggio, non
è più quella determinazione politica sui valori della quale per più di
un secolo tutti sono stati d’accordo, ma soltanto la caratteristica di
chi vuole cambiare tutto e velocemente; se in meglio o in peggio, è
secondario. Simbologia in quanto i valori di riferimento non sono più
gli stessi e comunque sono subordinati alla possibilità che i diritti
delle persone, se in contrasto con gli appetiti delle aziende, debbano
essere attenuati, se non cancellati, per il timore di tener lontani
eventuali investitori. Partito perché molti di coloro che da sempre
hanno votato a sinistra non sentono più di poter votare a cuor leggero
per il PDin quanto lo avvertono come un partito che, per molti versi, ha
abbandonato la sinistra.
Le elezioni di ieri lo indicano
chiaramente, anche se Renzi continua a strombazzare che il PD ha vinto
in entrambe le regioni e che soltanto questo ha importanza. Non è vero e
il campanello d’allarme dovrebbe suonare, anche per lui, fortissimo.
Perché il risultato percentuale non può non essere traguardato
combinandolo con il pazzesco crollo dell’affluenza alle urne. In Emilia
Romagna, dove una volta andavano a votare quasi tutti e dove la sinistra
otteneva quasi sempre la maggioranza assoluta, l’affluenza è stata del
37,7 per cento e questo dato va combinato con il 44,52 per cento del
voto di lista ottenuto del PD. Questo vuol dire che soltanto il 16,78
per cento degli aventi diritto al voto se l’è sentita di spendersi per
il sedicente centrosinistra. Quello che i dirigenti del PD dovrebbero
chiedersi, è quanti elettori non se la sono più sentita di votare per
quel partito e che, visto che altre scelte accettabili non vedevano,
hanno deciso di restare a casa.
E questo non è un pessimo segnale
soltanto per il PD, ma per l’intera democrazia che dovrebbe chiedersi
soprattutto perché i cittadini non sentono più di partecipare alle
scelte che poi faranno dirigere questo Paese. Del resto, l’uso della
democrazia tirata in ballo soltanto se si sa già in partenza di poter
avere a disposizione più voti degli avversari non è certamente un
atteggiamento che possa far riavvicinare il popolo della sinistra a chi
governa.
Nessun commento:
Posta un commento