venerdì 3 ottobre 2014

I giochini con le parole



Il problema è sempre quello, fin da prima che don Lorenzo Milani lo codificasse dicendo che «l'operaio conosce 300 parole, il padrone 1000; per questo lui è il padrone». E continuerà per sempre così fino a quando, con l’istruzione e con la diffusione della cultura, non saranno dotati tutti di un vocabolario di pari estensione. Innalzando le capacità dell’operaio, ovviamente, e non calando quella del padrone. Agendo, insomma, in maniera opposta a quella che sta portando avanti il nostro governo in materia di diritti, e cioè tentando di rendere tutti uguali togliendo diritti a quei pochi che li hanno già.

Adesso a sfruttare gli equivoci sulle parole ci si mette anche mister John R. Phillips, ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, che dichiara che l’Italia può farcela a uscire dalla crisi, a meno che il sistema politico italiano non resti «troppo rigido, troppo diviso tra gruppi di interessi». E qui tutti fanno cenno di sì con il capo perché il concetto di «gruppi di interesse» fa inevitabilmente venire in mente delle confraternite di potere che sono state capaci di indirizzare la politica italiana lungo la discesa che ci ha portato sull’orlo del baratro; che ha spinto, soltanto per fare un esempio, a distruggere il sistema del trasporto pubblico, e soprattutto quello ferroviario, a favore dell’industria automobilistica e di chi la possedeva.

E a nessuno viene in testa che tra i «gruppi di interesse», possono esserci anche quelle associazioni – più o meno codificate – che vorrebbero che i più poveri non morissero di fame; o che i diseredati potessero mantenere almeno un po’ di dignità; che anche i malati poveri potessero essere curati come quelli ricchi e non dovessero evitare alcuni esami perché non possono permettersi il ticket; che i ragazzi delle scuole pubbliche avessero aule decenti come quelli delle scuole private; che i cinquantenni disoccupati loro malgrado potessero ancora avere una speranza di vita; che i giovani italiani non dovessero andare all’estero per trovare uno straccio di lavoro. Sì. Anche questi sono «gruppi di interesse». Eppure sono convinto che a questi gruppi di interesse sarebbe del tutto onorevole dare una mano.

Mister John R. Phillips, insomma, dovrebbe ricordare che alcuni «gruppi di interesse» italiani sono spesso soltanto «gruppi di sopravvivenza» e, quindi, molto diversi dalle lobby statunitensi e dalle “cupole” italiane. Su una cosa della da Philipps, però sono assolutamente d’accordo: quando lui, che lo conosce da cinque anni (curioso: da ben prima che diventasse presidente del Consiglio), afferma che Matteo Renzi gli ricorda Ronald Reagan.

E, per restare a casa nostra, non mi stancherò mai di ripetere che il giochino con cui Renzi accusa la sinistra di essere conservatrice è puerile, se non del tutto stupido. Renzi, infatti, appiccica alla sinistra l’appellativo di “conservatori” riservando a se stesso e ai suoi quello di “riformatori”. Io, invece a Renzi e ai suoi appiccicherei il titolo di “restauratori”. Provate a pensarci: davanti al tentativo di reintrodurre alcune forme di schiavitù, dando per accettato che chi vuole mantenere la libertà conquistata possa essere chiamato “conservatore”, vi rivolgereste a chi questa libertà la vuole limitare chiamandolo “riformatore”, o “restauratore”?


Nessun commento:

Posta un commento