Ci sarebbe, come
sempre, molto da dire sulla politica italiana: su Matteo Renzi che, in
caso di disaccordo con chi gli sta di fronte, sembra sempre più duro con
i suoi teorici amici e sempre più morbido con i suoi teorici nemici; o
su Matteo Orfini che, sul discorso delle preferenze, più che a un
giovane turco sembra assomigliare sempre di più a un vecchio
democristiano; o su Silvio Berlusconi che, in linea con la sua qualità
democratica, minaccia di espulsione dal partito chi non vota come dice
lui; o, ancora, su Beppe Grillo che dimostra quotidianamente come la
parola “casta” abbia un significato diverso se viene agganciata ad
azioni sue o di altri. E si potrebbe andare avanti a lungo.
Ma come si fa a parlare di queste
cose, mentre nel mondo si consumano ecatombe in serie, mentre i morti
legati a guerre più o meno dichiarate, più o meno considerata tali, sono
centinaia ogni giorno. Ieri probabilmente qualche coscienza in più sarà
stata messa in crisi dall’uccisione dei 298 ignari passeggeri di un
volo che li stava portando in vacanza in Oriente passando sopra
l’Ucraina; ed è un fatto di enorme importanza che i voli sull’Ucraina
fossero stati fortemente sconsigliati, ma che le linee aeree malesi
avessero deciso di seguire la rotta consueta perché più breve e, quindi,
meno dispendiosa.
E intanto è difficile contare non
soltanto i morti totali causati dall’offensiva israeliana nella striscia
di Gaza, ma anche i bambini, tra cui un neonato, che sono rimasti
uccisi dai proiettili israeliani. E, per favore, che Peres e Natanyhau
la finiscano di chiedere ipocritamente scusa: appaiono ancora più
bestiali e inumani. E non cessano i combattimenti in Afghanistan, Siria,
Iraq, Libia, Sudan, Mali, Filippine, Birmania, Indonesia e il tanti
altri Stati. E non finiscono neppure i lutti per i tantissimi che
scompaiono nelle acque del Mediterraneo nelle disperate fughe dalle
guerra, dalle malattie, dalla fame, dalle schiavitù.
È possibile che nessuno ricordi più
che giustamente è stato detto che, o scompare la guerra, o scompare il
genere umano? È possibile che ci interessino soltanto i morti di casa
nostra, a meno che non siano tanti e nello stesso momento? È possibile
che neppure la vicinanza di un conflitto sanguinoso, belluino e
vicinissimo come quello della ex Jugoslavia ci abbia insegnato niente?
Ma davvero siamo convinti che
risolveremo i problemi di questo mondo e, quindi anche i nostri,
parlando soprattutto di economia, di finanza e di esclusioni e relegando
i discorsi sulla pace, soltanto al tempo che resta libero, tra un
summit economico e l’altro, tra un discorso sullo sviluppo e uno
sull’osservanza del bilancio?
Nessun commento:
Posta un commento