venerdì 18 luglio 2014

Le vere precedenze

Ci sarebbe, come sempre, molto da dire sulla politica italiana: su Matteo Renzi che, in caso di disaccordo con chi gli sta di fronte, sembra sempre più duro con i suoi teorici amici e sempre più morbido con i suoi teorici nemici; o su Matteo Orfini che, sul discorso delle preferenze, più che a un giovane turco sembra assomigliare sempre di più a un vecchio democristiano; o su Silvio Berlusconi che, in linea con la sua qualità democratica, minaccia di espulsione dal partito chi non vota come dice lui; o, ancora, su Beppe Grillo che dimostra quotidianamente come la parola “casta” abbia un significato diverso se viene agganciata ad azioni sue o di altri. E si potrebbe andare avanti a lungo.
Ma come si fa a parlare di queste cose, mentre nel mondo si consumano ecatombe in serie, mentre i morti legati a guerre più o meno dichiarate, più o meno considerata tali, sono centinaia ogni giorno. Ieri probabilmente qualche coscienza in più sarà stata messa in crisi dall’uccisione dei 298 ignari passeggeri di un volo che li stava portando in vacanza in Oriente passando sopra l’Ucraina; ed è un fatto di enorme importanza che i voli sull’Ucraina fossero stati fortemente sconsigliati, ma che le linee aeree malesi avessero deciso di seguire la rotta consueta perché più breve e, quindi, meno dispendiosa.
E intanto è difficile contare non soltanto i morti totali causati dall’offensiva israeliana nella striscia di Gaza, ma anche i bambini, tra cui un neonato, che sono rimasti uccisi dai proiettili israeliani. E, per favore, che Peres e Natanyhau la finiscano di chiedere ipocritamente scusa: appaiono ancora più bestiali e inumani. E non cessano i combattimenti in Afghanistan, Siria, Iraq, Libia, Sudan, Mali, Filippine, Birmania, Indonesia e il tanti altri Stati. E non finiscono neppure i lutti per i tantissimi che scompaiono nelle acque del Mediterraneo nelle disperate fughe dalle guerra, dalle malattie, dalla fame, dalle schiavitù.
È possibile che nessuno ricordi più che giustamente è stato detto che, o scompare la guerra, o scompare il genere umano? È possibile che ci interessino soltanto i morti di casa nostra, a meno che non siano tanti e nello stesso momento? È possibile che neppure la vicinanza di un conflitto sanguinoso, belluino e vicinissimo come quello della ex Jugoslavia ci abbia insegnato niente?
Ma davvero siamo convinti che risolveremo i problemi di questo mondo e, quindi anche i nostri, parlando soprattutto di economia, di finanza e di esclusioni e relegando i discorsi sulla pace, soltanto al tempo che resta libero, tra un summit economico e l’altro, tra un discorso sullo sviluppo e uno sull’osservanza del bilancio?

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