martedì 22 luglio 2014

Il partito che sogno

Ogni tanto si diventa preda di momenti di scoramento assoluto, momenti in cui si perde quasi ogni speranza che questo mondo possa cambiare in meglio. Ma poi, fortunatamente l’indignazione è tale che si emerge dalla palude di rassegnazione in cui si rischia di sprofondare. È quello che mi è successo anche ascoltando la notizia arrivata da Trento dove il tribunale dei minori ha tolto a una giovane madre il suo bambino nato da circa due mesi, le ha tolto la patria potestà e ha dichiarato il piccolo adottabile da un’altra famiglia.
Il motivo? La madre non è in galera, non è drogata, non è un’ubriacona, non è mentalmente handicappata, non è una delinquente, non è neppure socialmente pericolosa. Il suo grave difetto è quello di non essere sposata e di non essere ricca. E, pur non essendo ricca, di aver voluto portare comunque a termine una gravidanza che desiderava con tutto il cuore. La motivazione con cui il bambino le è stato tolto è che con il suo stipendio di 500 euro al mese non può assicurare al bambino una vita decorosa.
Non si parla di affetto, di amore, di rapporto tra genitore e figlio. Si parla soltanto di soldi e del teorico benessere che da questi soldi deriva.
I nostri nonni erano poverissimi, eppure avevano figli che spesso non riuscivano a contare sulle dita di due mani. E nessuno si sognava di toglierglieli e loro stessi li consideravano una benedizione.
Un Paese nel quale una legge preveda che un povero non possa più avere figli, o che, quantomeno abbia una legge che consenta a un giudice di interpretarla così, è un Paese che non ha futuro, a meno che non cambi in maniera davvero totale. In un Paese così non basta voler mandare a casa definitivamente Berlusconi: bisogna pensare davvero a una, se pur graduale, completa rifondazione su basi di moralità e socialità profondamente diverse.
E in tutto questo assordanti sono i silenzi della Chiesa e della politica. Io sono convinto che un partito veramente democratico dovrebbe lottare perché lo Stato non punisca chi è povero, ma lo aiuti a mantenere i propri figli, dovrebbe fare di questa lotta una propria bandiera, la propria bandiera principale perché non torni a essere il censo a concedere i diritti soltanto ad alcune persone.
Per un partito così sarei anche disposto, per la prima volta in vita mia, a sottoscrivere una tessera. Mi sentirei onorato a lottare per i suoi ideali e non soltanto per quelli miei e di alcuni - fortunatamente non pochi - amici. Attendo con ansia di vederlo salire su queste barricate di uguaglianza e di umanità.

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