Ho assistito con sincera
gratitudine all’incontro organizzato da “Left – Cose di sinistra”, al
teatro San Giorgio di Udine, imperniato su quattro parole chiave:
lavoro, diritti, ambiente, cultura. Con gratitudine perché in un periodo
di assoluta confusione, come quello che stiamo vivendo, è opportuno
chiarire bene come la sinistra si stia approcciando alle tante questioni
irrisolte che agitano la nostra società e perché è necessario
rivendicare con forza che “sinistra” non è quella parolaccia che
Berlusconi ha voluto far passare come tale e che molti di coloro che
dirigono il centrosinistra sembrano vergognarsi a usare se proprio non
si sentono costretti a farlo.
Quello che sto per dire, quindi, non
è assolutamente una critica a quello che è stato fatto da “Left”, ma un
suggerimento per un’integrazione che mi sembra necessaria: alle quattro
parole protagoniste a Udine e a quelle immediatamente collegate – come
immigrazione, questione morale, parità di genere – mi sembra necessario
aggiungere in una prossima occasione anche la parola “democrazia” perché
ormai mi sembra improcrastinabile aprire un dibattito su cosa significa
davvero per noi questo vocabolo così abusato e così poco indagato in
questi ultimi anni.
In queste righe non voglio dire – e
faccio molta fatica a non dirlo – che nel comportamento di Renzi spicca
un notevole deficit di democrazia; ma intendo dire, almeno, che stiamo
parlando due lingue diverse, o che, se non altro, stiamo usando lo
stesso vocabolo – “democrazia” – dandogli connotazioni sostanzialmente
diverse a livello di partecipazione, di rappresentatività, di meccanismi
preposti alle scelte, di funzionamento di istituzioni ormai forse
impropriamente chiamate “democratiche”. Come i partiti e come i
sindacati.
Credo che sarebbe il caso di
confrontarci sul fatto che la politica dominante del momento non può
inglobare in sé tutto, compresa la cultura e il sindacato, tanto per
dare due esempi tra i tanti. Perché cultura e sindacato hanno loro
funzioni democraticamente essenziali come quelle di rappresentare
pensieri e situazioni che possono essere di opposizione anche e
soprattutto nei lunghi intervalli di tempo che passano tra un elezione e
un’altra e nei quali – così vuole il credo maggioritario – non si deve
“disturbare il manovratore”. Come quelle di portare in evidenza temi
sociali che magari non portano voti, ma che è obbligatorio tenere in
evidenza, se davvero ci si crede di sinistra, o almeno se non si crede
che “sinistra” sia una cosa spregevole e che appartiene al passato.
Quindi ripeto che questo mio scritto
non è assolutamente una critica, ma soltanto un invito esplicito a
intraprendere una discussione sicuramente difficile, ma assolutamente
necessaria. Forse comunque non ci si riuscirà a capire, ma almeno molte
maschere saranno destinate a cadere.
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