domenica 22 giugno 2014

Left: e se parlassimo di democrazia?

Ho assistito con sincera gratitudine all’incontro organizzato da “Left – Cose di sinistra”, al teatro San Giorgio di Udine, imperniato su quattro parole chiave: lavoro, diritti, ambiente, cultura. Con gratitudine perché in un periodo di assoluta confusione, come quello che stiamo vivendo, è opportuno chiarire bene come la sinistra si stia approcciando alle tante questioni irrisolte che agitano la nostra società e perché è necessario rivendicare con forza che “sinistra” non è quella parolaccia che Berlusconi ha voluto far passare come tale e che molti di coloro che dirigono il centrosinistra sembrano vergognarsi a usare se proprio non si sentono costretti a farlo.

Quello che sto per dire, quindi, non è assolutamente una critica a quello che è stato fatto da “Left”, ma un suggerimento per un’integrazione che mi sembra necessaria: alle quattro parole protagoniste a Udine e a quelle immediatamente collegate – come immigrazione, questione morale, parità di genere – mi sembra necessario aggiungere in una prossima occasione anche la parola “democrazia” perché ormai mi sembra improcrastinabile aprire un dibattito su cosa significa davvero per noi questo vocabolo così abusato e così poco indagato in questi ultimi anni.

In queste righe non voglio dire – e faccio molta fatica a non dirlo – che nel comportamento di Renzi spicca un notevole deficit di democrazia; ma intendo dire, almeno, che stiamo parlando due lingue diverse, o che, se non altro, stiamo usando lo stesso vocabolo – “democrazia” – dandogli connotazioni sostanzialmente diverse a livello di partecipazione, di rappresentatività, di meccanismi preposti alle scelte, di funzionamento di istituzioni ormai forse impropriamente chiamate “democratiche”. Come i partiti e come i sindacati.

Credo che sarebbe il caso di confrontarci sul fatto che la politica dominante del momento non può inglobare in sé tutto, compresa la cultura e il sindacato, tanto per dare due esempi tra i tanti. Perché cultura e sindacato hanno loro funzioni democraticamente essenziali come quelle di rappresentare pensieri e situazioni che possono essere di opposizione anche e soprattutto nei lunghi intervalli di tempo che passano tra un elezione e un’altra e nei quali – così vuole il credo maggioritario – non si deve “disturbare il manovratore”. Come quelle di portare in evidenza temi sociali che magari non portano voti, ma che è obbligatorio tenere in evidenza, se davvero ci si crede di sinistra, o almeno se non si crede che “sinistra” sia una cosa spregevole e che appartiene al passato.

Quindi ripeto che questo mio scritto non è assolutamente una critica, ma soltanto un invito esplicito a intraprendere una discussione sicuramente difficile, ma assolutamente necessaria. Forse comunque non ci si riuscirà a capire, ma almeno molte maschere saranno destinate a cadere.

Nessun commento:

Posta un commento