venerdì 4 ottobre 2013

Lo schermo della vergogna

È davvero strano un mondo in cui faccia notizia il fatto che un Papa abbia detto «Una sola parola: vergogna», riferendosi alla tragedia di Lampedusa, l’ennesima, ma anche largamente la più drammaticamente grave. Viene il sospetto che questa parola sia stata alzata nei titoli come uno schermo capace di mettere in ombra le altre parole che ha detto e che ben raramente sono state sentire echeggiare nelle stanze vaticane: «la inumana crisi economica mondiale che è un sintomo grande della mancanza di rispetto per l’uomo», «la mancanza di rispetto per la verità con cui sono state prese decisioni da parte di governi e di cittadini», e «non soltanto i principali diritti politici e civili devono essere garantiti, ma si deve offrire a ognuno la possibilità di accedere effettivamente ai mezzi essenziali di sussistenza, il cibo, l’acqua, la casa, le cure sanitarie, l’istruzione e la possibilità di formare e sostenere una famiglia».
E la parola “Vergogna!” ha messo in ombra anche una terribile accusa del sindaco di Lampedusa, Giusy Nicolini, che, in lacrime, ha detto: «Tre pescherecci sono andati via dal luogo della tragedia perché il nostroi Paese ha processato tante volte i pescatori che hanno salvato vitte per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
E la parola “Vergogna!” è deviante perché fa sempre pensare che sia indirizzata ad altri, mentre, invece, tocca anche noi perché se in una democrazia è stata approvata quella schifezza immonda delle legge Bossi-Fini, la colpa è anche di coloro – cioè di tutti noi – che abbiamo consentito, con il voto, o con la mancanza di voto che andassero in Parlamento coloro che quella legge l’hanno approvata.
Dite che non siamo responsabili perché non abbiamo votato nel per Bossi, né per Fini, né per Berlusconi? Non basta lo stesso, perché evidentemente non abbiamo testimoniato con sufficiente vigore il nostro schifo davanti a chi non soltanto è razzista, ma soprattutto è inumano e, magari, dice di approvare le parole del Papa.
A sentire quello che dopo la tragedia i portavoce della Lega hanno detto contro la Boldrini e la Kyenge non può non far capire che i rapporti con la Lega e con coloro che la pensano nella stessa maniera non possono esistere. La differenza, in questo caso, non è politica. È proprio antropologica. Si può dare la mano, o semplicemente fare un cenno di saluto a coloro che non versano neanche una lacrima davanti a centinaia di morti e che pensano soltanto a difendere i loro meschini privilegi davanti a poveri diseredati che rischiano la vita scappando dalla guerra, dalla fame, dalla schiavitù?
La vergogna è tutta per noi se continueremo a rivolgere la parola ai leghisti e ai loro complici. Perché la loro non è libertà di parola: è infame arbitrio.

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