giovedì 15 agosto 2013

La legge è uguale per tutti. E la grazia?

Checché ne dicano Berlusconi e i suoi dipendenti, la sentenza della Corte di Cassazione sui fondi neri Mediaset ha ribadito il fatto che la legge è uguale per tutti e che anche un ricco e potente imprenditore e politico può essere ritenuto colpevole e condannato esattamente come qualsiasi altro povero Cristo.
Adesso, però, le parole di Napolitano sembrano aprire un nuovo interrogativo: anche la grazia è uguale per tutti? È vero che il Presidente della Repubblica si limita a dire che la grazia per il momento non gli è stata chiesta e che, nel caso, deciderà cosa fare, ma è altrettanto vero che su questa dichiarazione, non del tutto netta, i berlusconiani hanno cominciato a fantasticare su inaccettabili ritorni in sella del cavaliere (anzi, per legge, dovrebbe essere ex anche in questo senso).
Eppure di dubbi non dovrebbero essercene: anzitutto, una grazia che intervenisse subito dopo una condanna definitiva si configurerebbe di fatto come un quarto grado di giudizio, tale da smentire e delegittimare la stessa Corte di Cassazione e non è ipotizzabile che Napolitano possa soltanto pensare a un simile vulnus alla Giustizia. Poi, per un provvedimento di clemenza, servono alcuni requisiti minimi tra cui un'istruttoria del ministro della Giustizia, un inizio di espiazione della pena, un parere favorevole degli organi penitenziari e dei servizi sociali e così via, che attualmente non possono neppure ancora esserci.
Ma soprattutto non dovrebbero esserci altri processi in corso, mentre su Berlusconi ne gravano ancora alcuni che dovrebbero arrivare a sentenza definitiva entro due o tre anni e dei quali uno, quello legato a Ruby, in primo grado ha già condannato Berlusconi a sette anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Quindi credo che Napolitano – sempre preoccupatissimo per la tenuta di un governo che considera insostituibile – si sia espresso in maniera non troppo netta soltanto per non esacerbare ulteriormente gli animi. Ai berlusconiani, invece, sarebbe il caso di ricordare che una volta il Ministero della Giustizia si chiamava Ministero di Grazia e Giustizia con le due “G”maiuscole. In segno di rispetto per entrambi i sostantivi.

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