sabato 3 agosto 2013

Il governo e la democrazia

Quello che ha di buono Berlusconi è che non è capace di fingere a lungo: meno di ventiquattr’ore dopo aver ribadito con grande seriosità ed enorme faccia tosta che le sue vicende non devono interferire con quelle del governo Letta, ha già affermato che, o si riforma la giustizia a suo uso e consumo, oppure questo governo cade immediatamente. E tutto questo mentre l’inqualificabile Santanché sostiene petulantemente e senza mai ascoltare gli altri, che la condanna del principe degli evasori è una “mutilazione” della democrazia perché in tanti sono stati così improvvidi da credergli e da votarlo, e mentre Simone Furlan, generale in capo del sedicente “Esercito di Silvio”, minaccia che se Napolitano non concederà subito la grazia al pregiudicato di Arcore, si rischierà una rivoluzione popolare.
Sarebbe ora che l’attenzione si allontanasse da Berlusconi e si dirigesse verso altre due persone: il presidente del Consiglio, Letta, e il presidente della Repubblica, Napolitano.
Il primo ha detto: «Sarebbe un delitto far cadere il governo» e gli si può rispondere tranquillamente che un delitto ancora maggiore sarebbe quello di mandare davvero in frantumi una democrazia infrangendo le regole della sua Costituzione per la paura – nella migliore delle ipotesi – dei cosiddetti “mercati”. Una nazione senza soldi può rinascere, una nazione senz’anima non può che morire e la storia è stata prodiga di esempi in questi sensi. Una piccola domanda di contorno: si può proclamare una guerra all’evasione alleandosi con il principe degli evasori che non solo pratica, ma anche teorizza che sia giusto non dare soldi al fisco?
Napolitano, invece, non ha detto che il governo deve restare assolutamente in piedi: non l’ha detto perché l’ha già ripetuto fino alla nausea. Lui in questo momento ha ancora maggiori responsabilità di Letta e, oltre a quello che ho appena scritto, sarebbe il caso di ricordargli anche che la concessione della grazia è subordinata all'intervenuto perdono delle persone danneggiate dal reato. Questo non vuol dire soltanto il fisco, ma, visto che i fondi neri costituiti frodando il fisco sono serviti per inquinare con la corruzione la vita politica italiana, a concedere il perdono non dovrebbe essere soltanto in fisco, ma Prodi, il suo governo e tutti noi cittadini che in quel governo speravamo e che da De Gregorio e da chi lo ha corrotto siamo stati truffati.
A chi ha rubato vent’anni di vita al nostro Paese e lo ha ridotto, non soltanto economicamente, in questo stato, personalmente non darei mai il mio perdono e sono certo che la maggior parte degli italiani la pensa esattamente come me.

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