martedì 25 giugno 2013

La giustizia e le elezioni

Devo confessare che delle finezze della politica moderna capisco poco o nulla. Berlusconi viene condannato in primo grado a 7 anni con la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici per concussione aggravata «per costrizione» e per prostituzione minorile e, mentre il PDL si straccia le vesti contro quella che per loro è una “giustizia politicizzata”, da molte parti del centrosinistra si sente ripetere che «Berlusconi va battuto alle urne».
Questa frase non soltanto non la capisco, ma addirittura mi sembra pericolosissima. Non sto dicendo che Berlusconi deve andarsene perché è colpevole: questo sarà stabilito dopo il terzo grado di giudizio. Sto dicendo che con questa frase alcuni esponenti del centrosinistra stanno sostenendo le stesse cose del centrodestra: che, cioè, i poteri legislativo ed esecutivo non possono essere controllati dal potere giudiziario e che quest’ultimo non deve essere indipendente dagli altri due: esattamente il contrario di quello che dice la nostra Costituzione.
Cosa diavolo c’entrano i 9 milioni di voti ottenuti da Berlusconi con i presunti reati che gli sono attribuiti? Cosa diavolo c’entrano i vent’anni in cui dal ponte di comando ha rovinato l’Italia approfittando biecamente degli irrisolti conflitti di interesse e distruggendo deliberatamente un tessuto etico e culturale che aveva permesso al nostro Paese di risalire dal disastro del fascismo e della guerra?
Il paragone non sembri assurdo, ma i seguaci delle mafie sono sicuramente milioni, eppure nessuno, pur sapendo benissimo che le mafie si arricchiscono con il traffico di droga e di esseri umani e con l’accaparramento illegale di appalti, ai tempi del processo contro Totò Riina ha mai sostenuto che il boss andava sconfitto sul piano commerciale e non nei tribunali.
I reati sono reati e i codici sono cosa ben diversa dai voti. Quindi annacquare il significato, pur provvisorio, di una sentenza rivendicando il predominio delle urne sulle aule giudiziarie non significa altro che indebolire ulteriormente il potere e il prestigio della legge.
Questa non è una partita di calcio in cui importante è vincere, ma in cui se si perde, si riproverà il prossimo anno. Qui stiamo parlando del destino di un Paese che nel ventennio berlusconiano è andato a rotoli in tutti i sensi. Fare i falsi de Coubertin in politica è non soltanto ipocrita, ma anche autolesionista. Berlusconi continui pure a fare politica fino a quando non sarà condannato definitivamente, ma poi subisca le conseguenze dell’eventuale condanna come qualsiasi altro cittadino.
Rimandare il giudizio dei giudici al giudizio delle urne è uno dei più gravi insulti possa essere fatto nei confronti di una vera democrazia.

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