martedì 18 ottobre 2011

Libertà e servitù

Normalmente alle accuse personali rispondo personalmente e privatamente all’indirizzo di posta elettronica di chi mi attacca, ma questa volta faccio un’eccezione – e me ne scuso comunque con gli altri lettori – perché ritengo che le parole che Alfonso Sele ha scritto come commento a “L’acquirente” possano essere utili per capire ancora meglio il berlusconismo che sa benissimo di non poter dire «noi siamo senza macchia» e, quindi, si concentra esclusivamente sulle macchie altrui.
E, allora, punto primo: è vero, non ho mai parlato di Penati. Ma non ho mai parlato neanche di Papa, Milanese, Tarantini e di molti altri condannati, arrestati, incriminati, indagati del cosiddetto Popolo della libertà. E mi sono comportato così perché preferivo soffermarmi non sui singoli, ma sul modo di fare politica complessivo dei due schieramenti e dei loro leader. E forse ho sbagliato, perché avrei potuto meglio sottolineare come il Pd abbia sospeso Penati da tutte le cariche da cui poteva toglierlo e come lo abbia costretto a non invocare l’immunità e, quindi, ad accettare, come ogni normale cittadino, il giudizio della magistratura. Il Pdl, invece, difende i suoi che, evidentemente, il capo ritiene fatti tutti a sua immagine e somiglianza, li protegge con l’immunità e attacca in massa la magistratura che diventa “rossa” o giusta a prescindere dalle idee politiche, ma a seconda di chi iscrive nel registro degli indagati. Potrei anche parlare di abissali differenze nel numero dei sospetti di ladrocinio e nella quantità di denaro pubblico sottratto per interessi partitici o privati, ma non intendo farlo perché in politica non è importante la quantità del furto, ma il furto stesso, proprio come concetto di disonestà e di non servizio agli elettori, per essere inesorabilmente fuori. Per capirci meglio: mi fa orrore sentir parlare di salvacondotto per Berlusconi: se è colpevole deve essere rinchiuso in galera, o, vista l’età, almeno condannato in via definitiva.
Lei amabilmente dice che io ho un padrone. Non mi dispiace per niente deluderla: intanto sono in pensione e nella sua gretta visione il mio padrone dovrebbe essere l’istituto di previdenza che mi stacca l’assegno mensile. Poi vorrei segnalarle che queste cose non le dico soltanto su un sito internet del gruppo Repubblica-l’Espresso, ma le sostengo esplicitamente anche in incontri, conferenze e dibattiti organizzati da soggetti completamente diversi. Infine, se fosse un lettore del Messaggero Veneto da molti anni (e i suoi capelli bianchi potrebbero farlo pensare), dovrebbe ricordarsi che le stesse cose le scrivevo su quel giornale quando direttore era Sergio Gervasutti, uomo sicuramente di destra, e la proprietà era diversa.
Il fatto è che il Popolo della libertà e i suoi sostenitori in realtà non sanno cosa la libertà sia. Secondo loro chi la pensa in qualche modo, la pensa così perché qualcuno lo ha pagato. Non gli passa neppure lontanamente per il cervello che le idee siano il più prezioso patrimonio che abbiamo. D’altro canto è comprensibile: quando tutti i parlamentari di Berlusconi – tanto per fare un solo esempio – votano affermando di dare credito alla storiella di Ruby nipote di Mubarak, tutto il mondo non può credere alla loro buona fede, ma soltanto a un’altrui buona mancia. Inoltre la destra dovrebbe ringraziare la libertà di pensiero della sinistra che da sempre proprio sulle idee, anche leggermente diverse, con grande masochismo e grande colpa nei confronti del bene comune, si frantuma e fa vincere gli altri.
Ma credo che anche nella destra ci sia chi la pensa autonomamente e lei mi sembra uno di questi soprattutto quando dice che «Troppa democrazia porta all’anarchia». Lei avrà anche i capelli bianchi, ma il suo sentire politico è sicuramente nero. A prescindere da Berlusconi. O forse rafforzato proprio da lui.

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