venerdì 9 luglio 2010

Il peso delle parole

Nei giorni del G8 di Genova eravamo rimasti sconvolti dalla violenza usata da polizia e carabinieri nei confronti dei manifestanti - soprattutto contro quelli pacifici - e da quello che aveva detto l’allora ministro dell’Interno, Scajola, dopo le prime accuse di brutalità gratuita e di manomissione delle prove a carico delle forze dell’ordine. «Di fronte alla violenza – cito tra virgolette – lo Stato non ha colpe, deve tutelare l’ordine pubblico. Se qualche singolo, tra le forze dell’ordine, ha abusato del suo potere per commettere queste violenze, questa non è responsabilità dello Stato». Mentre l’articolo 28 della Costituzione recita: «I funzionari e i dipendenti dello Stato sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici».
Adesso, nell’arco di un paio di giorni, abbiamo visto manganellare, nell’ordine: i terremotati dell’Aquila che protestavano perché la ricostruzione non è neppure cominciata mentre si chiedevano loro le tasse arretrate; alcuni disabili che manifestavano contro la manovra che taglierà molti degli aiuti statali ai portatori di handicap; gli operai di un’azienda milanese che erano in pacifico corteo per protestare perché stanno restando senza lavoro e non vedono nessuno che cerchi concretamente di alleviare la drammatica situazione loro e di altri milioni di italiani.
Tutto questo mentre Berlusconi e Tremonti fanno una riunione privata, decidono tra loro di blindare la legge finanziaria che sempre loro due avevano preparato e se ne escono annunciando che la fiducia sarà chiesta sia alla Camera, sia al Senato. Poi Berlusconi, con la sua solita improntitudine nel travisare il significato delle parole e dei fatti, dice anche che «la fiducia è una prova di coraggio» perché se non passa «si va tutti a casa», sapendo benissimo che i parlamentari della maggioranza – ormai designati da lui e da Bossi e non più eletti direttamente dagli elettori – non possono palesemente seguire la loro coscienza, ma devono votare secondo gli ordini ricevuti.
Io ho grande rispetto delle parole e dei fatti e, quindi, a questo punto non so se si possa già parlare a tutto titolo di dittatura, ma sono assolutamente certo che non si può più parlare di democrazia.

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