giovedì 17 giugno 2010

Lavoro per diritti

Possiamo pensarci su quanto vogliamo, ma i fatti sono semplici: la Fiat dice: o voi italiani vi adattate ai ritmi, alle regole e agli stipendi dei polacchi, oppure Pomigliano d’Arco chiuderà. E dico voi italiani e parlo anche di stipendio perché è ovvio che se la linea di tagliare i diritti civili agli operai di Pomigliano passerà, tra non molto gli stessi tagli se li vedranno proporre anche tutti gli altri operai italiani; e perché anche il costo tra non molto entrerà in ballo.
Non accuso la Fiat, anche se fin quando c’era da attingere indirettamente alle casse dello Stato tramite gli incentivi alla rottamazione, si è ben guardata dal fare la faccia cattiva. Accuso l’intera Italia – tutti noi compresi – perché ha lasciato prosperare questa mentalità mostruosa in cui l’unico parametro sul quale si fa base per il ragionamento è il guadagno; e neppure un guadagno a lungo termine, ma quello immediato che decide i destini degli amministratori delegati.
Ma, se davvero abbiamo superato il concetto dello schiavismo, come si può pensare di cedere diritti in cambio di lavoro? Ma, visto che ci riempiamo la bocca con la parola Europa, ci rendiamo conto che la Fiat innesta una lotta tra poveri perché contemporaneamente ricatta (mi spiace, ma non c’è altra parola più adatta) gli operai italiani e, se il ricatto andrà a buon fine, probabilmente affamerà gli operai polacchi che finora ha ritenuto utile sfruttare e che ora sta meditando di abbandonare? Ma se era prevedibile la reazione dei vertici della Confindustria, come si fa a non inorridire davanti a due sindacati come Cisl e Uil che abdicano al loro compito di difendere i lavoratori per difendere soltanto il loro stipendio?
E scarsa soddisfazione sarà pensare che saranno le stesse regole del mercato a distruggere i disegni degli affamatori di uomini perché nel mercato circoleranno sempre meno quei soldi che sono indispensabili per sostenere il consumismo che è l’anima del mercato stesso. Scarsa soddisfazione anche perché il crollo della struttura industriale del Paese sta trascinando ineluttabilmente con sé le classi più deboli. Sempre nella più totale indifferenza di chi ci governa e che crede di essere personalmente al riparo da questi rischi.

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