giovedì 17 dicembre 2009

La pena e l’indignazione

Berlusconi è tornato a casa. E adesso qualche ragionamento lo si può fare con più calma partendo dal fatto che il povero presidente del Consiglio fa doppiamente pena perché di lui, in realtà, non interessa proprio nulla a nessuno. Passi per l’opposizione che sicuramente non può amare chi da una quindicina di anni sta rovinando l’Italia: un attentato per quanto folle, non può cambiare un giudizio basato su fatti che con l’episodio di piazza Duomo non centrano per nulla.
Quello che mi colpisce di più è che sono proprio i suoi a dimostrare, al di là di lacrime ben studiate e di urla molto più sincere, che per loro Berlusconi è in realtà soltanto un mezzo per arrivare dove meglio loro conviene. Lasciamo pur stare i razzisti della Lega che con i loro voti ricattano e ottengono quello che vogliono da molti anni, ma gli altri sono ancora più eloquenti.
Mi fermo soltanto a don Verzé che ha affermato in maniera struggente: «Ho detto al premier che quanto è avvenuto in piazza del Duomo è un monito a lui e al Paese. Monito che poi ho ripetuto al presidente Fini e all’onorevole Bersani. Occorre modificare la Costituzione italiana».
Ma cosa c’entra la Costituzione? Forse che con una Carta diversa il signor Tartaglia non sarebbe riuscito a bucare un servizio di sorveglianza enorme, ma risibile? La risposta è ovviamente no e, quindi, non si può che pensare che anche don Verzé ritenga utile l’attentato per cambiare cose che da destra vogliono stravolgere da sempre. Però, attenzione, il fatto che don Verzè sia stato sentito attribuire a Berlusconi le parole di Cristo - «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno» - dovrebbe far capire che il sacerdote non ha un senso del ridicolo particolarmente sviluppato. E la prova la si ha quando dice anche che «non si rendono conto che Berlusconi ama l’Italia, ed è per questo, non per i suoi interessi, che è sceso in campo, mettendo in gioco tutto se stesso, anima e corpo, anche a rischio della propria salute e della propria vita».
Ripeto: la pena per l’uomo ferito fisicamente non può cancellare la totale opposizione all’uomo che ha usato palazzo Chigi come strumento per curare i suoi interessi (guardate i bilanci Mediaset prima e dopo la “discesa in campo”). Bene ha detto in questo senso Sabina Guzzanti che manda gli auguri di pronta guarigione, ma anche di altrettanto pronta uscita dal governo del Paese.
E questa è soltanto indefettibile opposizione e non odio nei confronti di un signore che invece proprio sull’odio ha costruito il suo consenso. Vi ricordate – tanto per fare un solo esempio tra i tantissimi - quando ha detto che i giudici sono «una specie antropologicamente diversa»? E, per venire ai suoi sodali, cosa pensate di Brunetta che dice che «la sinistra deve andare a morire ammazzata», o a Larussa che sostiene che i giudici «devono morire»? E di Cicchitto, piduista mai pentito, che ha accusato mezza opposizione di essere «mandante morale» del gesto isolato di una persona instabile? O di Bonaiuti che, dietro il suo sorriso bloccato tenta di negare all'opposizione e ai cittadini qualsiasi possibilità di dissenso a parole?
Ripeto: la pena per una persona ferita a tradimento è forte, ma non fa calare neppure di un milligrammo il peso dell’indignazione per quello che ha fatto in questi anni e non fa illanguidire nemmeno vagamente la speranza che se ne vada a casa al più presto. Per intanto, durante la convalescenza, stia stranquillo: noi non sentiremo la sua mancanza. Ma nemmeno i cosiddetti suoi.

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