lunedì 2 novembre 2009

Il ritorno alla piazza

«Avevo fame, e voi mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato dell'acqua, ero straniero e mi avete ospitato nella vostra casa, ero nudo e mi avete dato dei vestiti, ero malato ed in prigione e siete venuti a trovarmi!».
Lo ha scritto Matteo, un extracomunitario, in un libro chiamato “Vangelo” riferendo parole dette da un altro extracomunitario e convincendo della bontà di questi concetti un bel po’ di persone, probabilmente tutti “anti italiani” secondo la vulgata della Lega e della maggioranza che a essa è legata a doppio filo.
Intendiamoci: uno è libero di crederci o non crederci. Quello che non può fare è sbeffeggiare la parola di Cristo e contemporaneamente ergersi a suo paladino. Eppure lo vediamo accadere ogni giorno mentre i razzisti della Lega vogliono anche togliere l’assistenza sanitaria a chi è entrato nel nostro Paese in maniera burocraticamente non regolare  e mentre continuano a raccogliere firme per negare agli islamici anche il diritto a essere sepolti in osservanza dei loro riti religiosi.
Quello dei banchetti per la raccolta di firme, poi, deve essere ridiventato un buon sistema per fare breccia nella mente degli italiani. Anche i berlusconiani, infatti, raccolgono firme contro i “panettoni” in cemento che stonano nel centro città di Udine.
Per carità, l’estetica è importante, ma lo sostanza lo è molto di più. E allora perché i partiti dell’opposizione non contrappongono i loro banchetti per raccogliere firme contro il razzismo, contro il conflitto di interessi, per la libertà di stampa, per un’azione contro la crisi che attanaglia le famiglie e non soltanto contro quella che infastidisce le banche? E gli spunti potrebbero essere infiniti.
Lo dico ai cattolici dell’Udc, agli arrabbiati dell’Idv, ai volonterosi del Pd, a tutti gli inflessibili che si riconoscono nella galassia di partitelli della sinistra nella quale ormai non è facile nemmeno orientarsi. In piazza ormai ci vanno soltanto i sindacati – e non tutti – e si beccano rimbrotti dai benpensanti di tutte le parti.
Eppure un partito che vuole avere contatto con il popolo deve realizzarlo anche fisicamente e, se non ha televisioni a disposizione, deve tornare a utilizzare la piazza per parlare, per spiegare, per convincere, per ascoltare, per correggersi. Ma nessuno lo fa più.
Forse è davvero ora che i cosiddetti “movimenti” tornino a operare e a farsi sentire per cercare di aiutare.
Ovviamente senza grandi speranze di essere ascoltati, ma almeno per sentirsi un po’ più a posto con la propria coscienza.

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