martedì 13 ottobre 2009

Le due paure

Devo confessare che comincio a sentir trasformare in paure un po’ di fastidi e timori che mi disturbano da alcuni anni.
La prima paura è legata a Berlusconi e a cosa potrà fare nella sua disperazione di uomo che sente sfuggirgli di mano il potere e, con questo, sia l’impunità davanti a processi nei quali non vuole discutere delle accuse che gli sono rivolte, sia quel conflitto di interessi che a noi toglie democrazia, ma che a lui ha consentito dapprima di salvare Mediaset, azienda che nei primi anni ’90 era sull’orlo del baratro e che si sosteneva soltanto grazie alle massicce quantità di miliardi che le erano dirottare dalla Standa, e poi di dilatare gli utili fino a renderlo uno degli uomini più ricchi del mondo.
Paura legata al suo forsennato attacco a tutte le istituzioni repubblicane e democratiche, dal Presidente della Repubblica alla Corte costituzionale, dalla magistratura all’informazione, dall’opposizione alla stampa estera; un attacco che aumenta di giorno in giorno la propria virulenza e che non si sa dove potrà portare sotto le spinte combinate degli interessi suoi e di quelli razzistui e separatisti della Lega che lo tiene in pugno – personalmente molto più che politicamente - grazie ai propri voti parlamentari. Alla fine, come tutti i governanti autoritari, duri o morbidi che siano, dovrà abbandonare il suo posto, ma lascerà un cumulo di macerie sulle quali sarà molto faticoso ricostruire quella democrazia che sognavano i costituenti e che per decenni hanno sognato quasi tutti gli italiani.
Ma se Berlusconi mi fa paura, molto di più me ne fa la rassegnazione della stragrande maggioranza degli italiani. Come si fa a veder distruggere il tessuto democratico di un Paese senza reagire? Come si fa a guardar massacrare il mondo del lavoro, senza rispondere? Come è possibile accettare di sentire vere e proprie bestemmie istituzionali tipo che la Consulta, facendo il suo dovere, manca di rispetto al Parlamento, senza neppure dargli dell’ignorante? Come può passare quasi sotto silenzio il fatto che lui continui ad affermare che, visto che è stato eletto, le regole normali per lui non devono valere?
Non sto parlando, ovviamente, di reazioni violente, ma soltanto di contrapposizioni dialettiche lecite e legali. Fin quando rimarranno tali. Sto parlando di manifestazioni, di comizi, di occasioni pubbliche di dissenso che devono moltiplicarsi perché sono l’unico modo per bucare l’ombrello protettivo delle televisioni a lui asservite e raggiungere anche chi non legge, ma magari passa di là per caso. Sarà poco, ma sempre meglio di quasi nulla.
Avremmo bisogno di ritrovare quella grinta che appare sacrificata sull’altare di un “politically correct” che sembra toccare soltanto il centrosinistra. Avremmo bisogno di non sentir più autorevoli uomini politici e pensatori ripetere che non si può vivere di antiberlusconismo e che invece bisogna pensare a programmi seri.
Ma, scusate, forse le due cose non possono convivere?

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