mercoledì 21 ottobre 2009

Elogio della pernacchia

Purtroppo non so farla, ma sarei disposto a pagare qualcuno che mi dia lezioni di pernacchia perché mi sto rassegnando a credere che questo sia uno dei pochi modi efficaci per interloquire con una maggioranza che continua a fare cose terribilmente dannose per la comunità, a straparlare, a opporre soltanto decibel straripanti a fatti e a ragionamenti. La pernacchia, poi, non è reato, anche se sicuramente è un po’ maleducata, ma infinitamente meno di certe espressioni di Cicchitto, Gasparri, Capezzone, per non parlare di Feltri e Belpietro che della maggioranza non fanno parte ufficialmente, ma ne sono il braccio armato.
In quale altra maniera si può rispondere, infatti, a chi dice che la crisi è già quasi finita, ma che si perderanno ancora 500 mila posti di lavoro? Si può seriamente parlare di fine della crisi fino a quando continua e infuriare la crisi del lavoro e delle famiglie che non ce l'hanno più?
E cosa si può dire di serio a chi, proprio nel momento in cui nega qualsiasi diritto ai precari che hanno lavorato per una vita nella scuola, comincia a inneggiare al posto fisso, al contratto a tempo indeterminato?
Come rispondere a chi fa confezionare un servizio televisivo intimidatorio su un giudice solo perché ha condannato Mediaset a pagare un’ancorché poderosa multa per le corruzioni del caso legato al lodo Mondadori? Il fatto che abbiano dovuto fermarsi al colore dei calzini del giudice Raimondo Mesiano e al suo vizio di fumarsi una sigaretta attendendo il suo turno dal barbiere, testimonia che proprio non c’era nulla da scoprire, nemmeno una multa per divieto di sosta; ma appare mafiosamente minaccioso perché fa capire che appena sgarri dalla condotta pretesa dal capo, sono pronti a ribaltare la tua vita pur di – come dice Berlusconi – “sputtanarti”.
E a proposito di Berlusconi, è servito a qualcosa ricordargli che lui, per la Costituzione e per le leggi elettorali, non è un “premier”, ma un “presidente del Consiglio” pro tempore? Tanto lui insiste a dire che è stato eletto dal popolo. È convinto che tutti gli credano e resta malissimo quando la Corte costituzionale gli ricorda che lui non è “super pares”, ma “inter pares”.
E come rispondere seriamente alle stupidaggini recitative e falsamente compunte di Capezzone? alle bugie irridenti di Bonaiuti? alle parole senza sostanza di Gasparri? E fermiamoci qua perché l’elenco sarebbe lungo.
È vero: fare pernacchie non è politicamente qualificante né edificante, non fa crescere il livello culturale, né presuppone uno sforzo di miglioramento sociale. Ma lasciarsi trattare da scemi senza mai reagire, alla lunga diventa frustrante.

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